“Limitato nella sua natura, infinito nei suoi desideri, l’uomo è un dio caduto che ricorda il cielo”
Loggia al servizio della Langravia e Cancelliera reale Odessa Innocencia Constantius
ALLINEAMENTO: Neutrale (puro, buono, malvagio), Legale (neutrale, buono, malvagio), Caotico (neutrale, buono, malvagio)
E’ difficile condensare in pochi termini ed esempi l’aspetto fisico di un mortale. Tutto è relativo, così come la sua stessa essenza. Tutto varia a seconda del luogo di nascita, del sangue che gli scorre nelle vene, di come vive la propria vita, delle abitudini alimentari, dei vizi. E’ come ridurre un universo di possibilità in una singola goccia di pioggia.
In linea di massima, un adulto medio presenta un’altezza che varia dal 1.50 m ma non supera il 1.95 m, con peso che oscilla tra i 50 kg e i 180 kg. La pelle può essere rosa chiaro, nivea, olivastra o grigio-nera, e i capelli -lisci, ricci, ondulati- possono essere biondi, castani, rossi, neri in ogni sfumatura delle suddette tinte. Sono possibili, seppur abbastanza rari, casi di albinismo in cui i capelli sono bianchi o biondo platino e gli occhi tendenti al rosso porpora.
I mortali diventano adulti all’alba dei 18 anni, la loro decadenza comincia intorno ai 50 anni, e possono vivere fino a 90-100 anni (tutto dipende da come hanno vissuto e dalla presenza o meno di patologie più o meno gravi nel corso della loro vita, nonché delle sostanze o accorgimenti di natura arcana cui possono aver fatto ricorso).
A seconda del ceppo di provenienza, però, essi mostrano caratteri preponderanti. In particolare, gli appartenenti all’etnia degli Aurei, radicati fondamentalmente nel Regno di Nimaida, ma presenti anche a Duen Skell e a Yerh’atoll, mostrano una gran varietà di tratti per via del fastoso passato dell’Impero Aureo in cui confluivano innumerevoli etnie e popoli diversi. Il melting-pot di culture, infatti, ha portato ad una diffusione di colori e tipologie anatomiche differenti: capelli biondo miele, rosso scuro e castano chiaro o scuro; carnagione olivastra, rosata, mulatta o nera; lineamenti affilati, squadrati o burrosi; occhi nelle tonalità del verde, grigio, castano chiaro, azzurro scuro. Per quanto riguarda la statura, essi non superano, di solito, 1.80 di altezza, commistioni con i Tarnhamiti escluse. La corporatura varia in base allo stile di vita condotto e all’alimentazione. Si dice che, ai tempi dell'Impero Aureo, vi fosse proprio un ceppo nativo della capitale Aurea, oggi Nimaida, e dintorni, con capelli e occhi scuri, lineamenti morbidi e rotondi, naso all'insù, un'altezza non particolarmente statuaria e carnagione rosea, tratti che si sono mescolati nel tempo ma che si possono ancora, tranquillamente, ritrovare in alcune famiglie originarie della città, nobiliari e non.
Ciò che li contraddistingue è una certa versatilità caratteriale, ed è impossibile delineare un modello comportamentale stabile. Ancor più che per l’aspetto fisico, in campo psicologico è possibile riscontrare molte più differenze caratteriali da un individuo all’altro. I Mortali possono scegliere arbitrariamente come condurre la propria vita, seguendo una rotta piuttosto che un’altra: compiere azioni buone o malvagie, agire per puro istinto, essere incostanti, farsi trasportare dalle emozioni e dalle parole altrui. A causa della loro vita effimera e relativamente breve, sono spinti a cogliere le occasioni, facendosi guidare dalle passioni del momento e a realizzare i propri sogni e progetti con impeto e passionalità. Fanno errori, cadono, si rialzano, ci riprovano, rinunciano, si adattano, cambiano. La consapevolezza di una vita breve e relativamente fragile li spinge ad essere più dinamici e attivi, versatili e spregiudicati rispetto ad altre razze dalla vita ben più lunga.
Soprattutto per quanto riguarda la personalità, la buona parte dell’indole e del carattere di un Mortale dipende dalla propria cultura, dalla propria educazione, dalle esperienze vissute, da ciò che gli hanno inculcato e da ciò in cui decide di credere nel corso della propria vita. Tutto questo sono i Mortali.
Anche in questo caso, è bene fare un distinguo generale (ma non categorico!) importante tra gli abitanti di un Regno piuttosto che dell’altro.
Riguardo gli Aurei, il loro modo di vivere si può riassumere così: tutto è all'insegna della bellezza, del godimento estetico e della festa, dell’intrigo, dell’etichetta, del commercio spregiudicato, ma anche dell’ingegno, dell’innovazione, della tecnica. Il continuo superarsi, che sia in ambito politico, estetico, nobiliare, d’amore, di danaro o di guerra, è uno dei mantra più importanti per molti nimaidiani, soprattutto, ed è pietra miliare della loro società. Il sistema del Regno di Nimaida, infatti, è fortemente gerarchico e di stampo feudale, e ciò influisce molto sul comportamento dei suoi abitanti: è la nobiltà che guida le redini di quasi ogni ambito della loro civiltà, dalla cultura alla moda, dalla giustizia ai gusti sessuali, l’etichetta, il gusto, mentre i plebei sono tenuti a rispettare ed onorare coloro che hanno uno status sociale elevato, e la tendenza di questi ultimi è proprio quella di aspirare, un giorno, ad elevarsi per vivere nello sfavillante mondo nobiliare. Di contro, i nobili hanno il dovere di amministrare adeguatamente le loro terre e assicurare ai sudditi una vita dignitosa se non vogliono rischiare di portare instabilità e accaparrarsi odio e malcontento tra i ceti che producono. Nonostante questo equilibrio, con i sudditi che possono sperare di elevarsi ad Intraprendenti e pagare per ottenere essi stessi la nobiltà, e i nobili che devono assicurare un’esistenza degna ai loro sudditi, appaia apparentemente stabile, non sono pochi i tentativi di ribellione, anche violenti, da parte dei sudditi a danno dei nobili e neanche lo sfruttamento da parte dei nobili a danno dei plebei è una rarità.
Il libertinaggio è diffuso e accettato, così come la promiscuità anche al di fuori del matrimonio, anzi si può quasi dire che è la regola. La prostituzione stessa non è affatto considerato un lavoro disdicevole, un’onta, ma è anzi un mestiere considerato al pari di qualsiasi altro, è la normalità. Nei confronti degli stranieri, poi, e delle prospettive di ampliare le proprie vedute e conoscenze, gli Aurei si dimostrano aperti e socievoli, in special modo se ciò può portar loro benefici di sorta.
Raramente vi sono ostilità nei confronti degli stranieri ed essi sono accettati senza troppi problemi fin quando dimostrano di esser in grado di adattarsi alla cultura aurea ed ai suoi contrasti interni. La mentalità aurea è ricca di contraddizioni, ambiguità, superstiziosa, ma al contempo è versatile, elastica, aperta alle novità. Nonostante i confini della cultura aurea siano più labili e non strettamente definiti come quelli degli abitanti del Dominio di Tarnham, questo non vuol dire che gli Aurei non siano fieri della propria cultura. Infatti, il retaggio dell’antico Impero Aureo è ancora fortemente sentito tra gli abitanti del Regno di Nimaida, fieri del proprio passato e fiduciosi di un -meritato- radioso futuro.
In merito all'abbigliamento, la moda è una larghissima fetta della cultura Nimaidiana e non solo tra i nobili. Vuoi per i retaggi di culture differenti che componevano l’Impero Aureo e la sua capitale -l’allora Aurea, oggi Nimaida- vuoi per il gusto affinato nel tempo proprio dalle casate nobiliare, lo stile ha forse raggiunto la stessa importanza di altri aspetti della società, indubbiamente utile nella politica, nei giochi di potere, nel mandare messaggi. Si tendono ad usare colori chiari e sgargianti, casacche, braghe e accessori di ogni sorta, e l'uso di trini e pizzo nonché di sete e rasi pregiati è piuttosto diffuso. Il corsetto è forse l’indumento più diffuso tra le donne e, come la Maschera -quest’ultima utilizzata da uomini e donne di ogni categoria- rappresenta il proprio status sociale. L’amore per il buon vestire nimaidiano non è soltanto legato alla voglia di apparire o al bisogno di accettazione e ammirazione tra i propri simili, quanto ad una vera passione per il bello. “Ricoprirsi di bello.” È questa l’espressione usata dai nimaidiani quando parlano della propria passione per il buon gusto che altro non è se non specchio di un infinito amore per ciò che è bello, inteso però non come mero gusto superficiale verso ciò che può apparire piacevole agli occhi, ma come vera e propria adorazione per ciò che è armonia, passione e bellezza. Non è un caso, infatti, che l’arte fiorisca a Nimaida e sia incentivata dai precetti del Redentore, insieme al famoso precetto “Ama a tuo piacimento”.
Una particolare fervore patriottico attraversa il Regno di Nimaida negli ultimi tempi. Vi è, infatti, un tentativo di riportare in auge l’antica potenza militare dell’Impero Aureo attraverso la moda che ne è influenzata, in special modo quella della classe aristocratica, tant’è che sono particolarmente in voga abiti ispirati a divise militari, moda lanciata dalla Principessa Beatrix Aurea Laevinus, tanto per gli uomini che per le donne e persino per i giovani rampolli.
La moda, nel Regno di Nimaida, è un ospite tanto importante quanto volubile ed effimero. Tuttavia, vi sono particolari differenze tra Trono e Trono, dettate dall’influenza dei Langravi e delle Lagravie chi li amministrano e dalla vita del posto.
L’alimentazione è molto variegata grazie alla ricchezza della terra e del mare e agli scambi commerciali: crostacei, pesce, farinacei, frutta, verdura, dolci, carne ovina e suina per la maggiore, e in ogni Trono vi è predominanza di piatti legati ai prodotti di quella terra. Il vino, poi, è la bevanda nazionale, diffusa presso ogni ceto sociale seppur abbia, tra i nobili, un valore particolare e simbolo di status sociale, vino che producono nei propri feudi; vino speziato e idromele sono particolarmente apprezzati ma non altrettanto diffusi.
I Mortali sono interfecondi tra loro, seppur possano essere sterili per motivi genetici, a causa di malattie, sperimentazioni, maledizioni o di gravi incidenti e menomazioni. Possono accoppiarsi e riprodursi con i Licantropi e, da tale rapporto, potranno nascere altri Licantropi o semplici Mortali.
Possono accoppiarsi con i Vampiri ma non riprodursi, cosa che possono fare con le Figlie della Luna, le quali possono decidere spontaneamente se concepire o meno con loro un’altra Dujor. Possono accoppiarsi con i Redenti –sono eccezioni molto rare- ma, in quanto questi ultimi esseri soprannaturali, non sono fecondi. Possono unirsi con Costrutti alchemici o Maledetti, ma ciò varia molto a seconda della conformazione del Costrutto o della maledizione degli altri. Con i Giganti, per ovvi motivi anatomici, ciò non è possibile.
Dodeling e Dodeling: molto variabili a seconda dell’indole del Mortale in questione. Possono essere solidali tra di loro, in particolar modo se provenienti dalla stessa nazione/luogo d’origine, ma anche aspri, riservati, ostili: impossibile da stabilire. Nei confronti dei parirazza stranieri il comportamento dipende prettamente dal carattere individuale della persona, dai rapporti diplomatici tra le nazioni degli interessati, dalla presenza o meno di pregiudizi. Vi è un sentimento di rispetto e mite fratellanza che unisce gli Aurei, in special modo Nimaidiani: ci si riconosce appartenenti ad uno stesso popolo, ma nonostante ciò essi non hanno scrupoli nell’attuare una competizione spregiudicata per primeggiare anche ai danni dei loro stessi simili: ciò non viene vista come una barbarie e neanche come un atto disdicevole, fa tutto parte del gioco della società e della spinta di ogni singolo Nimaidiano di elevarsi e primeggiare. Verso gli abitanti del Dominio, al contrario, vi è sfiducia e sospetto. Nonostante la relativa e fragile pace degli ultimi anni, i rapporti continuano ad essere di sopportazione più che di alleanza. I Tarnhamiti sono spesso visti come selvaggi, bruti e avulsi al bello. Nonostante le differenze, quando si tratta di commercio e di arricchirsi, i Nimaidiani collaborano ben volentieri anche con i figli del Dominio.
Dodeling e Redenti: li considerano una leggenda, una sorta di speranza per tutta la popolazione. I Mortali, da sempre, si interrogano sul senso della vita: è una costante della loro esistenza. I Redenti sono coloro che hanno avuto una seconda possibilità per trovare la pace, dunque infondono in tutti la speranza di poter, in qualche modo, mondare i propri peccati con una seconda vita. Le leggende in merito ai Redenti sono tante e cambiano a seconda del luogo. Di sicuro, sono visti come entità soprannaturali, da rispettare e a cui offrire aiuto, se gli obiettivi coincidono, e perchè no, renderseli alleati, questo, però, se i Redenti si palesano ai semplici Mortali e se questi ultimi li riconoscono in quanto tali. Molti Aurei venerano queste figure, ritenendoli prova concreata della veridicità della dottrina del Redentore. I Redenti vengono visti come veri e propri miracoli viventi soprattutto nei territori di Nimaida.
Dodeling e Maledetti: la gente comune li teme, non li capisce, tende ad essere superstiziosa e ostile nei loro confronti, poiché la maledizione che li affligge abbia ostentati riflessi nel loro aspetto e nel modo di fare. Nonostante ciò l’approccio degli Aurei rispetto ai Maledetti dipende molto dall’indole personale e dal singolo carattere. Alcuni mostreranno aperta ostilità, altri pietà, altri sospetto. Non è però infrequente che un maledetto possa mantenere rapporti cordiali e pacifici, talvolta persino amichevoli, con la gente del Regno di Nimaida e gli Aurei di altri regni.
Dodeling e Costrutti alchemici: essendo i secondi delle aberrazioni e, in larga parte dei due Regni, considerati come frutto di studi alchemici e magici illegali, non godono di una reputazione proprio positiva tra i semplici Dodeling, i quali, da una parte, ne temono le capacità, dall’altra ne invidiano la forza e le particolari attitudini donate loro dalla sperimentazione alchemico/magica. C’è chi li considera, ad esempio, una grande risorsa. Anche in questo caso, però, tutto dipende molto dalla mentalità del Dodeling in questione. I Costrutti sono apertamente osteggiati nel Regno di Nimaida, ritenuti mostri, abomini, non più umani, ma esseri né uomo né macchina. È rarissimo che un Nimaidiano si imbatta in un costrutto all’interno dei confini del regno, visto che quest’ultimi sono illegali e la loro presenza non è tollerata.
Dodeling e Figlie della Luna: è antico e controverso il rapporto tra Mortali e Figlie della Luna. In antichità, e ancora in alcune frange della popolazione rurale, erano considerate alla stregua di sacerdotesse quasi divine, in grado di risolvere problemi e trasmettere grandi conoscenze, sicuramente molto amate e apprezzate, in special modo per i Mortali del lago di Yhl. Da sempre, poi, in virtù delle loro conoscenze e capacità ancestrali legate allo scrutare nel passato e nel futuro, sono state accettate e ben viste dai Mortali, riuscendo con una certa facilità ad arrivare a guadagnare la fiducia e divenire consigliere anche di figure importanti e di spicco. Al giorno d’oggi, però, le Dujor hanno anche la nomea di essere spie ed il fatto che la loro società sia così riservata ed impedisca di far accedere alla propria capitale non suscita fiducia nei Mortali. Eppure la loro bellezza, la loro mente vispa e l’aura di mistero che le circonda non smette di attirare irrimediabilmente il Dodeling.
Dodeling e Vampiri: i vampiri non sono conosciuti dai Mortali in quanto razza e reale minaccia. La loro esistenza è più legata al folklore locale, e si pensa ad essi come mostri legati a leggende e spauracchi per spaventare i bambini. Di sicuro, non sono considerati una razza né tanto meno una reale minaccia, tanto che il nome Undode o Vampiri non è nemmeno conosciuto. Sono semplicemente figure ambigue e inquietanti, del folklore, delle favole più oscure. Gli abitanti delle campagne e dei luoghi meno popolati di Esperia, per quanto non li conoscano, hanno credenze radicate, legate ad un passato ormai perduto, ovvero gesti scaramantici e metodi che, secondo loro, sono in grado di proteggerli da queste fantomatiche creature della notte. In alcuni Dodeling, però, suscitano un senso di attrazione fatale: il fascino dell’oscurità e dell’immortalità. Nessuno è a conoscenza dell’esistenza dei Vampiri, se non i pochi mortali che diventano adepti del Culto del Piacere e dell’Ombra per volere dei vampiri stessi. Questo culto, opposto a quello del Redentore, trova terreno fertile in special modo nel Regno di Nimaida per via della libertà di costumi che vige nella società Nimaidiana.
Dodeling e Licantropi: L’esistenza dei licantropi è considerata, dai più, solo una leggenda o un’oscura favola della buonanotte. Gli abitanti delle campagne hanno mantenuto vive, nel loro corpus di credenze, certe tradizioni e credono fermamente alla loro esistenza seppur non li conoscano come una razza vera e propria, bensì come mostri affamati che dilaniano il bestiame e rapiscono i bambini. Il Licantropo, in molti riferimenti letterari mortali, è chiamato la Bestia nera e rappresentato sottoforma di un grosso lupo eretto su due zampe. Gli Aurei non sono soliti credere alle leggende che circondano le figure dei Licantropi, ritenendole retaggi antichi degni dei selvaggi del Tarnham. Solo nelle zone più remote dei regni sopravvivono alcune leggende, tramandate per via orale, che hanno come protagonisti lupi cattivi e antropomorfi che, più che bestie feroci e privo di senno, sono rappresentati come presenza malvagie e ingannevoli.
Dodeling e Giganti: a causa della vita appartata che fanno gli Uwlor, abbarbicati su Vetta del Cielo, i Mortali li considerano quasi come figure mitologiche e benevole, antiche come la roccia in cui dimorano. I contatti tra le due razze sono da sempre stati ridotti, in special modo tra i Nimaidiani, tanto da considerarli quasi inesistenti, ma è con i Tarnhamiti che hanno maggiori contatti legati al commercio o alla protezione delle terre che, in parte, condividono.
Per meglio caratterizzare l'ambientazione e le singole razze/provenienze, quelli che seguono sono nomi tipici Aurei (esempi di nomi da personaggi/png già esistenti e non solo) da cui prendere spunto per la creazione del proprio personaggio (N.B. NON E’ POSSIBILE USARE QUESTI NOMI E COGNOMI, appartengono già a pg e png della land):
Nomi: Leto Aurora Lyzbeth Elizabeth Relenan Andrej Adda Alina Celina Candra Elonia Elius Reond Elsa Eliante Cassandra Elodia Clodia Matheus Lucius Sophia Artorius Euphemia Beatrix Arya Cairh Clondra Lussand Adran Aran Arius Elian Berius Eliron Matheor Leorand Eliandra Elorej Lean Lyza Innocencia Odessa Calandre Leonias Gisela Ardesia Viridiana Lelora Lussant Arand Matria Eliandra Ardrian Leoran
Cognomi: De Molnar Blanchard Von Borcke Delany Maler Filotima Nimbue Laevinus Costantius Fulgaris Harrianus Aeron Bardi Deorain
Provenienza: Regno di Nimaida, Duen Skell, Yerh’atoll
Lingue di partenza: Esperico, Logos Aurea
Colore dei capelli: biondo miele/cenere, rosso scuro e castano chiaro/scuro, corvini
Colore degli occhi: verde, grigio, castano chiaro, azzurro scuro
Incarnato: rosato, ambrato, mulatto, nero, olivastro
Sagoma e portamento: variabile; non superano 1.80 di altezza
Carattere: variabile; inclini ad avere grande apertura mentale, soprattutto gli abitanti della costa
“Limitato nella sua natura, infinito nei suoi desideri, l’uomo è un dio caduto che ricorda il cielo”
Loggia al servizio della Langravia e Cancelliera reale Odessa Innocencia Constantius
ALLINEAMENTO: Neutrale (puro, buono, malvagio), Legale (neutrale, buono, malvagio), Caotico (neutrale, buono, malvagio)
E’ difficile condensare in pochi termini ed esempi l’aspetto fisico di un mortale. Tutto è relativo, così come la sua stessa essenza. Tutto varia a seconda del luogo di nascita, del sangue che gli scorre nelle vene, di come vive la propria vita, delle abitudini alimentari, dei vizi. E’ come ridurre un universo di possibilità in una singola goccia di pioggia.
In linea di massima, un adulto medio presenta un’altezza che varia dal 1.50 m ma non supera il 1.95 m, con peso che oscilla tra i 50 kg e i 180 kg. La pelle può essere rosa chiaro, nivea, olivastra o grigio-nera, e i capelli -lisci, ricci, ondulati- possono essere biondi, castani, rossi, neri in ogni sfumatura delle suddette tinte. Sono possibili, seppur abbastanza rari, casi di albinismo in cui i capelli sono bianchi o biondo platino e gli occhi tendenti al rosso porpora.
I mortali diventano adulti all’alba dei diciassette anni, la loro decadenza comincia intorno ai 50 anni, e possono vivere fino a 90-100 anni (tutto dipende da come hanno vissuto e dalla presenza o meno di patologie più o meno gravi nel corso della loro vita nonché delle sostanze o accorgimenti di natura arcana cui possono aver fatto ricorso).
A seconda del ceppo di provenienza, però, essi mostrano caratteri preponderanti:
Gli attuali abitanti del Dominio di Tarnham, chiamati anche Albi, hanno in sé caratteri più specifici rispetto ai Nimaidiani in quanto, pur avendo fatto parte dell’Impero Aureo, hanno mantenuto la loro cultura e tradizioni nonché tratti fisici predominanti tra cui quelli di un particolare ceppo sanguigno proveniente da una fascia territoriale alle propaggini delle lande settentrionali di Esperia che, prima della caduta dell’Impero, faceva parte di esso. Ad oggi, dal punto di vista estetico, nonostante ibridazioni dovute ad antichi scambi con le genti di Nimaida e dei territori alle pendici dei monti, presentano un ceppo etnico radicato e dai tratti consolidati: capelli rossi o biondi e una piccola percentuale di genti con i capelli corvini. La loro carnagione è estremamente chiara o di un rosa intenso, così come gli occhi, che vanno dal verde chiaro all'azzurro ghiaccio, o tonalità più scure del verde e del blu, grigi, o ancora un castano ambrato che richiama il colore delle foglie dei boschi delle Montagne di Ferro durante l'autunno. La loro corporatura è piuttosto resistente e prestante, sono alti e slanciati o, di contro, più tozzi ma robusti, ben piazzati. Riguardo alla statura, gli uomini possono raggiungere 1.95 m di altezza, ma le donne non sono da meno, poiché possono toccare 1.85 m di altezza senza problemi, in special modo coloro che sono dedite a sforzi fisici non indifferenti.
Ciò che li contraddistingue è una certa versatilità caratteriale, ed è impossibile delineare un modello comportamentale stabile. Ancor più che per l’aspetto fisico, in campo psicologico è possibile riscontrare molte più differenze caratteriali da un individuo all’altro. I Mortali possono scegliere arbitrariamente come condurre la propria vita, seguendo una rotta piuttosto che un’altra: compiere azioni buone o malvagie, agire per puro istinto, essere incostanti, farsi trasportare dalle emozioni e dalle parole altrui. A causa della loro vita effimera e relativamente breve, sono spinti a cogliere le occasioni, facendosi guidare dalle passioni del momento e a realizzare i propri sogni e progetti con impeto e passionalità. Fanno errori, cadono, si rialzano, ci riprovano, rinunciano, si adattano, cambiano.
Soprattutto per quanto riguarda la personalità, la buona parte dell’indole e del carattere di un Mortale dipende dalla propria cultura, dalla propria educazione, dalle esperienze vissute, da ciò che gli hanno inculcato e da ciò in cui decide di credere nel corso della propria vita. Tutto questo sono i Mortali.
Anche in questo caso, è bene fare un distinguo generale (ma non categorico!) importante tra gli abitanti di un Regno piuttosto che dell’altro.
In merito ai Tarnhamiti, il loro modus vivendi è riassumibile in questo modo: duro lavoro e allenamento, libertà intellettuale, pragmatismo, forte legame con le tradizioni, empatia con i monti e il territorio che ha visto nascere il Dominio di Tarnham.
E’ gente dura, temprata nello spirito e nel corpo dal clima rigido e dall’ambiente selvaggio, che hanno dovuto addomesticare con fatica per trovare il loro posto su Esperia dopo la disgregazione dell’Impero Aureo. Ben ligi al dovere, lavoratori indefessi, mettono tuttavia la famiglia e la patria prima di tutto, talvolta assumendo un atteggiamento politico un po’ troppo schivo. Nonostante vi sia un Tulirzhad, una sorta di protettore/governatore, vi è una gestione sicuramente più democratica e meritocratica rispetto che a Nimaida: un esempio di ciò, la presenza del Collegio delle Thule, ovvero un’Assemblea in cui gli abitanti del Dominio possono dire la loro, scegliere il Tulirzhad di Tarnham e fare la scalata politica e sociale in base alle proprie abilità e conoscenze. Ogni Thula, inoltre, è caratterizzata da una particolare propensione produttiva (che sia la produzione agricola, mineraria, del legnoferro, ittica e via dicendo) e altri non è che un territorio omogeneo dal punto di vista ambientale. Si tratta di microregioni dominate da una città-stato ed un clan predominante che ha preso il comando grazie a meriti civili (maggior apporto alla sopravvivenza e al miglioramento della Thula stessa) e militari.
Per quanto riguarda l'abbigliamento, vestono con indumenti dalla linea piuttosto semplice ed essenziale, vesti, casacche e braghe, molto pratici e comodi e, soprattutto, caldi.
Sia uomini che donne indossano pellicce per l'inverno ma, ciò che li caratterizza di più, è l'uso del mantello, lo skryìt, che rappresenta lo status sociale di chi lo indossa ma anche della famiglia d'appartenenza: difatti su di esso vi è ricamato il fregio della famiglia o della Thula d’appartenenza.
Gli uomini sono soliti portare barba e capelli lunghi o rasati sui lati del capo a mostrare complessi tatuaggi (stesso discorso per le donne). I tatuaggi sono molto importanti nella loro cultura in quanto raccontano, attraverso un complesso simbolismo, le gesta di chi li ostenta, che sia un grande combattimento o un particolare successo personale o ancora il forte legame con la propria terra ed il loro lavoro. Un uso bizzarro è quello di tagliare gli abiti in taluni punti per lasciare in piena vista i tatuaggi considerati più importanti dall’individuo che li reca.
Un’altra caratteristica estetica diffusa tra uomini e donne, o meglio, uno dei pochi vezzi che si concedono, secondo il loro standard di bellezza, è l'uso di piercing e orecchini d'oro che adornano il viso e il corpo.
Per quanto riguarda l’alimentazione, vi è una grande consumazione di carne, tra cui molta cacciagione, uova, erbe spontanee, frutti di bosco e frutta secca, farinacei, composte, miele, e le due bevande tipiche del Dominio di Tarnham sono indubbiamente la celebre Birra, nella varietà röd (rossa) e ljósa (bionda), ma anche il sidro caldo e speziato ed un idromele fatto con le mele coltivate nella Thula Alma. La consumazione di prodotti ittici è circoscritta per lo più lungo le coste della Baia delle Maree a nord, ma quella di pesce d’acqua dolce proveniente dai laghi montani e dal fiume Nuith è abbastanza diffusa in tutto il paese.
I Mortali sono interfecondi tra loro, seppur possano essere sterili per motivi genetici, a causa di malattie, sperimentazioni, maledizioni o di gravi incidenti e menomazioni. Possono accoppiarsi e riprodursi con i Licantropi e, da tale rapporto, potranno nascere altri Licantropi o semplici Mortali.
Possono accoppiarsi con i Vampiri ma non riprodursi, cosa che possono fare con le Figlie della Luna, le quali possono decidere spontaneamente se concepire o meno con loro un’altra Dujor. Possono accoppiarsi con i Redenti –sono eccezioni molto rare- ma, in quanto questi ultimi esseri soprannaturali, non sono fecondi. Possono unirsi con Costrutti alchemici o Maledetti, ma ciò varia molto a seconda della conformazione del Costrutto o della maledizione degli altri. Con i Giganti, per ovvi motivi anatomici, ciò non è possibile.
Dodeling e Dodeling: molto variabili a seconda dell’indole del Mortale in questione. Possono essere solidali tra di loro, in particolar modo se provenienti dalla stessa nazione/luogo d’origine, ma anche aspri, riservati, ostili: impossibile da stabilire. Nei confronti dei parirazza stranieri il comportamento dipende prettamente dal carattere individuale della persona, dai rapporti diplomatici tra le nazioni degli interessati, dalla presenza o meno di pregiudizi.
Dodeling e Redenti: li considerano una leggenda, una sorta di speranza per tutta la popolazione. I Mortali, da sempre, si interrogano sul senso della vita: è una costante della loro esistenza. I Redenti sono coloro che hanno avuto una seconda possibilità per trovare la pace, dunque infondono in tutti la speranza di poter, in qualche modo, mondare i propri peccati con una seconda vita. Le leggende in merito ai Redenti sono tante e cambiano a seconda del luogo. Di sicuro, sono visti come entità soprannaturali, da rispettare e a cui offrire aiuto, se gli obiettivi coincidono, e perchè no, renderseli alleati, questo, però, se i Redenti si palesano ai semplici Mortali e se questi ultimi li riconoscono in quanto tali. Molti Tarnhamiti, però, per via della loro indole più pragmatica, sono molto più cinici riguardo alla loro esistenza, e credono più che altro che si tratti di individui tenuti in vita dalla magia e dalla fede più che di spiriti concretizzati, tornati dal mondo dei morti.
Dodeling e Maledetti: la gente comune li teme, non li capisce, tende ad essere ostile nei loro confronti, poiché la maledizione che li affligge abbia ostentati riflessi nel loro aspetto e nel modo di fare. La superstizione e il timore nei confronti delle creature oscure di Esperia quali Vampiri e abomini di sorta, ad esempio, acuiscono il senso di disagio e di rigetto nei confronti dei Maledetti.
Dodeling e Costrutti alchemici: essendo i secondi delle aberrazioni e, in larga parte dei due Regni, considerati come frutto di studi alchemici e magici illegali, non godono di una reputazione proprio positiva tra i semplici Dodeling, i quali, da una parte, ne temono le capacità, dall’altra ne invidiano la forza e le particolari attitudini donate loro dalla sperimentazione alchemico/magica. C’è chi li considera, ad esempio, una grande risorsa. Anche in questo caso, però, tutto dipende molto dalla mentalità del Dodeling in questione.
Dodeling e Figlie della Luna: è antico e controverso il rapporto tra Mortali e Figlie della Luna. In antichità, e ancora in alcune frange della popolazione rurale, erano considerate alla stregua di sacerdotesse quasi divine, in grado di risolvere problemi e trasmettere grandi conoscenze, sicuramente molto amate e apprezzate. Al giorno d’oggi, le Dujor hanno la nomea di essere spie ed il fatto che la loro società sia così riservata ed impedisca di far accedere alla propria capitale non suscita fiducia nei Mortali. Eppure la loro bellezza, la loro mente vispa e l’aura di mistero che le circonda non smette di attirare irrimediabilmente il Dodeling.
Dodeling e Vampiri: i vampiri sono odiati e temuti. La loro esistenza è risaputa, seppur una larga parte della popolazione mortale, in particolar modo gli abitanti dei territori più civilizzati, tenda a credere che si tratti di leggende e spauracchi per spaventare i bambini. Discorso diverso per gli abitanti delle campagne e dei luoghi meno popolati di Esperia, che tentano in tutti i modi di proteggersi da queste minacce con qualsiasi mezzo ritengano valido. In alcuni Dodeling, però, suscitano un senso di attrazione fatale: il fascino dell’oscurità e dell’immortalità.
Dodeling e Licantropi: viene più facile credere alla loro esistenza, in quanto esseri viventi e non non-morti. I Mortali li temono ma ne sono anche, in un certo senso, incuriositi, come se il loro essere di carne e sangue viva possa, in qualche modo, renderli meno letali dei Vampiri. Ciò non toglie che li considerino esseri forti e violenti, selvaggi, di difficile interpretazione, animali e uomini allo stesso tempo: un’aberrazione, ma anche una nuova frontiera della vita. Tuttavia, l’esistenza dei licantropi è considerata, dai più, solo una leggenda o un’oscura favola della buonanotte. Diverso è per gli abitanti delle campagne che hanno mantenuto vive certe tradizioni e credono fermamente alla loro esistenza. Il Licantropo, in molti riferimenti letterari mortali, è chiamato la Bestia e rappresentato sottoforma di un grosso lupo eretto su due zampe.
Dodeling e Giganti: a causa della vita appartata che fanno gli Uwlor, abbarbicati su Vetta del Cielo, i Mortali li considerano quasi come figure mitologiche e benevole, antiche come la roccia in cui dimorano. I contatti tra le due razze sono da sempre stati ridotti, in special modo tra i Nimaidiani, tanto da considerarli quasi inesistenti, ma è con i Tarnhamiti che hanno maggiori contatti legati al commercio o alla protezione delle terre che, in parte, condividono. I Tarnhamiti li apprezzano particolarmente per i modi schietti e sinceri, e non sarà difficile incontrare casi di solidi rapporti di amicizia ed empatia tra costoro.
Per meglio caratterizzare l'ambientazione e le singole razze/provenienze, quelli che seguono sono nomi tipici Albi (esempi di nomi da personaggi/png già esistenti e non solo) da cui prendere spunto per la creazione del proprio personaggio:
Nomi: Rakel Kerra Divis Cait Veran Phelan Lindon Ania Sawyer Amena Gildas Antedia Pellenor Hella Cawye Annik Arlene Gavin Kenneth Isla Astrid Fiona Marsali Yannik Reanna Emyr Erin Conall Connell Nessa Gareth Kyra Kile Gwyn Lennox Neal Nara Ronan Uhtred Ragnar Brida Guthrum Ubba Mildrith Iseult Guthred Hild Halig Finan Kjartan Thyra Sven Pyrlig Aldhelm Osferth Skade Dagfinn Uthred
Cognomi: Harstaad Ghilgun Vag Ohly Hilmjarsonn Hartvigsen Mikkelsen Connor Evans Ivarsson Skallson Halkaen Feyron
Provenienza: Dominio di Tarnham, Duen Skell
Lingue di partenza: Esperico, Norron
Colore dei capelli: rossi, biondi (miele, cenere e platino), corvini, castani
Colore degli occhi: azzurro, verde, grigio, castano chiaro
Incarnato: molto chiaro, rosato, rubicondo
Sagoma e portamento: variabile; possono sfiorare 1.95 m di altezza; corporatura più resistente
Carattere: variabile; tendenzialmente sono più schivi e riservati
“La redenzione è sempre possibile per coloro che intendono lealmente ottenerla, non certo a coloro che per redenzione intendono amnistia per i passati delitti onde godersi in pace ciò che hanno estorto, predato o truffato.”
Stralcio di un comizio pubblico tenuto a Tarnham dallo Ierofante Bernhard Gottfrid
ALLINEAMENTO: Legale (Buono)
N.B. Un giocatore sarà in grado di crearsi un personaggio Redento, solo nel terzo slot, SE' E SOLO SE' avrà raggiunto i 3000 punti esperienza (compresi i punti acquisiti alla creazione del personaggio) con il primo personaggio o il secondo personaggio dell'account. La sua condizione ed i suoi obiettivi devono essere necessariamente approvati dagli Admin. Chi ha un personaggio Redento non può crearsi anche un Vampiro in quanto razze nemiche da background di land.
Un tempo erano semplici umani, antichi guerrieri, maghi, spie, di sangue nobile o plebeo, guidati da sentimenti ed istinti selvaggi e che si sono macchiati di ignobili atti, barbarie e violenze. Alcuni di essi sono persino entrati nell'immaginario collettivo come dei mostri, gente senza scrupoli che viveva in funzione di scopi egoistici: conquistare potere e ricchezze, scalzare uno scomodo rivale, impossessarsi di un regno, appropriarsi di artefatti proibiti.
Tuttavia questi Mortali, in punto di morte, hanno ritrovato la propria umanità pentendosi in maniera talmente intensa e sincera tanto da riuscire a tornare tra i vivi per riscattarsi mediante azioni atte a far pendere l'ago della bilancia verso il bene assoluto. La possibilità di ripagare le malvagità compiute in vita, camminando nel mondo come una sorta di paladini immortali dai poteri fuori dall’ordinario, per combattere il male in tutte le sue forme. Un Redento torna su Esperia, vive e combatte per portare a termine un obiettivo occulto attribuitogli, secondo le leggende, proprio dall’essenza del Redentore. Qualora riesca a portare a termine questa missione, le porte dell'aldilà vengono finalmente spalancate per lui che può, così, abbandonare definitivamente il mondo dei Mortali per riposare in pace, senza più alcun rimorso. Il Redento è una sorta di entità soprannaturale, né vivo, né morto, slegato dalle esigenze fisiche ma pur sempre una creatura terrena, guidata da uno scopo talmente potente che regola tutto il suo ciclo di “non vita”, facendolo andare avanti ad oltranza contro ogni ostacolo e difficoltà.
Tuttavia, il mondo non è affatto convinto dell'esistenza reale dei Redenti. Vi sono diverse leggende che circolano sul loro conto, leggende provenienti da varie parti del mondo che si accomunano, però, su alcuni particolari, probabilmente voci diffuse da visionari, seguaci del Redentore, o da coloro che credono di averne veduto, o meglio riconosciuto, uno. Una di queste riguarda la loro apparizione nei luoghi ove la sofferenza raggiunge vette incredibili, come nei quartieri più poveri delle città, durante una carestia o una catastrofe naturale, nel bel mezzo di battaglie e carneficine di sorta. Si narra che discendano sui viventi come entità di luce, armati, e che tendano a porre fine alla sofferenza altrui, nei casi più estremi, come generosi dispensatori di giusta morte. Altri dicono che siano in grado di lenire i mali e suturare le ferite con il solo sguardo.
Ma, la verità, è che non si hanno notizie certe su di loro ma solo storie e fantasticherie: rimangono avvolti da un velo di mistero, che li accompagna nel trascorrere delle ere come una sorta di scudo. Si narra che il primo Redento della storia sia stato proprio il Redentore, seppur ogni terra vanti i natali di un possibile, primo Redento, spacciando per esso un proprio condottiero, o un grande arcanista, o qualche personaggio del loro folklore. I Redenti vengono anche chiamati Ritornati, ma è questi sono solo due dei tanti modi in cui vengono chiamate queste figure mitiche.
L'unica cosa certa è che si tratta di uomini e donne che hanno lasciato nella storia un segno, seppur le azioni compiute non siano meritevoli di lodi, che in punto di morte hanno avuto la possibilità di pentirsi degli errori fatti, votando la loro nuova esistenza alla difesa degli innocenti dall’oscurità e la corruzione. Si dice anche che i Redenti siano in grado di captare la presenza di forze oscure e di animi malvagi, e persino di inseguirli fin nel Piano delle Ombre.
I Redenti possono diventare tali e tornare in vita a distanza di molti anni dalla loro morte, ritrovandosi dunque in epoche storiche differenti dalla propria, per cui devono ambientarsi nuovamente e ritrovare gli equilibri. Non è, infatti, inusuale che un Redento, appena ritornato come tale, si senta confuso, veda il mondo con i filtri della propria epoca, rischiando di attirare attenzioni indesiderate o di essere scambiato per un folle. Il tempo di adattamento alla nuova epoca storica, una volta tornato in vita, è soggettivo, può variare da pochi giorni, settimane, mesi o anni, tutto dipende dall'indole del Redento e dalle esperienze che si trova a vivere.
Di aspetto antropomorfo, richiamano nei tratti e nelle caratteristiche i Mortali che erano un tempo prima di passare a miglior vita (o quasi). Tuttavia, la loro pelle diafana appare di un colorito più chiaro di quando erano in vita. Il loro viso è solcato da piccole venuzze scure, maggiormente evidenti quando entrano in contatto con un'entità maligna, reticolo di vene che tendono a mascherare con del pigmento quando la loro missione li porta a frequentare le città e i luoghi abitati. Spesso, per questo motivo, usano maschere, in particolar modo nella città di Nimaida, dove questo escamotage passa a dir poco inosservato ai più: maschere di stoffa, di ceramica, o semplicemente ampi cappucci per nascondersi dagli sguardi indiscreti.
Segni di decadenza più o meno marcati, invece, sono visibili sul loro corpo, in particolar modo le tracce vivide di ferite mortali o segni di malattia che hanno portato alla fine della loro prima esistenza. Il corpo di tutti loro, però, è marcato da sottili linee scure, che appaiono quasi come una sorta di tatuaggio, un reticolo che si fa via via più marcato man mano che assorbono energia dei nemici che affrontano e che emana una sorta di naturale bagliore freddo in tali frangenti.
I capelli assumono tutte le variabili possibili: biondi, castani, corvini, rossi, grigi, bianchi, ma in definitiva i loro colori sono quelli del loro aspetto da vivente e legati persino all'età in cui sono stati trasformati in Redenti, seppur appaiano più sbiaditi e cupi come se fossero spenti e mancasse loro una scintilla di vita che, dall'interno, si riflette anche sull'aspetto esteriore.
Gli occhi, così come i capelli, sono dello stesso colore di quando erano in vita, dunque esso dipende dall'etnia di provenienza: possono spaziare dal verde al blu, dal castano all'ambrato, ma così come per i capelli, essi sono di una tonalità sbiadita, fredda e distante, come se fissassero un abisso di oscurità o, di contro, di luce bianca e intensa. La particolarità è che, durante i combattimenti o quando devono fare un ingente ricorso alle proprie capacità, che siano di carattere intellettivo o fisico, la pupilla scompare e gli occhi si trasformano in pozzi lattei, brillanti. Hanno la capacità di poter vedere in maniera distinta sagome e colori anche in assenza di luce, cogliendo attorno agli esseri viventi un’aura che li evidenzia dall’ambiente o dalle creature d’ombra.
La dentatura appare quasi di un bianco innaturale, seppur occultata dietro labbra pallide ed esangui.
Più si avvicinano al momento della Redenzione, più il loro corpo si illumina di colori più vividi: i capelli e gli occhi riprendono vitalità, la pelle si accende, come se il sangue fosse tornato a scorrere dentro le loro membra, le vene sul viso si ritirano ma non quelle sul corpo che, invece, si intrecciano fino a formare un simbolo finale sottopelle. Questo simbolo o messaggio svelerà loro, come ricompensa, l’ultimo gesto da compiere per riappropriarsi del loro passato ed assurgere, così, all’eternità con la consapevolezza di essere stati mondato dai loro peccati. Secondo le leggende, questo marchio viene impresso, sul corpo del Redento, dalla mano stessa del Redentore nel momento in cui l'anima del peccatore ha chiesto perdono per i suoi delitti e, al termine di questo rituale del quale nessun Redento ha un ricordo nitido e chiaro, il Redentore rispedisce l'anima del reo nel suo corpo mortale che subisce, poi, la trasformazione definitiva in Redento. Un Redento rammenta gli avvenimenti vissuti passivamente durante il suo tempo, precedenti alla sua rinascita, ma non ha ricordi invece del suo trascorso personale ad eccezione di pochi dettagli come il suo nome o la provenienza; questo fino al momento in cui raggiunge la Redenzione. Tuttavia, mediante visioni e lampi improvvisi, può ricostruire, pian piano, il suo vissuto in base alle esperienze che gli capitano durante la sua nuova non-vita.
I Redenti sono creature piuttosto solitarie e silenziose, non sentono la necessità di stringere rapporti con alcuno in quanto considerano la propria missione l'unica priorità della loro “vita”. Vivono in funzione di ottenere il loro riscatto e così godere del riposo eterno dell'anima anche se, appena divenuti Redenti, essi vivono un forte conflitto interiore tra ciò che erano un tempo e ciò che la missione e la redenzione impone. Solo con il loro naturale incedere nel mondo attraverso atti generosi e di estremo coraggio, attraverso la presa di coscienza di ciò che sono divenuti e dello scopo ultimo che si sono prefissati e che il Redentore ha dato loro, la loro indole si acquieta, si smussa degli spigoli che aveva in vita. Ogni loro azione diviene disinteressata, e solo nel momento in cui cominciano ad agire non per raggiungere la propria pace, ma per aiutare il prossimo e mantenere la pace stessa nel mondo, essi divengono realmente meritevoli della Redenzione.
Seppur col tempo il loro animo si plachi e divengano più pacati e controllati in virtù, anche, delle esperienze fatte, non sono immuni ai sentimenti, alle passioni, all'empatia, e ciò forse è fonte di ancor più sofferenza, per loro, spezzati a metà tra il desiderio di morire e l'intensa percezione della vita mortale e dei piaceri e le sensazioni che dovranno abbandonare per sempre. È capitato, infatti, che qualche Redento si sia lasciato completamente attrarre dalla vita, da un sentimento mortale troppo forte, da un desiderio, e quindi che sia stato “abbandonato” dalla luce del Redentore, evento traumatico che ha trasformato il suddetto Redento in un non-morto, in un essere maledetto senza alcun potere. Esclusivamente un corpo in via di decadenza, con una mente proiettata sull'oblio della follia.
In generale, le loro reazioni e il loro modo di fare ricorda ancora quello che avevano in vita e che quindi varia da mortale a mortale, d'altronde sono sempre le stesse persone ma che hanno compreso di aver utilizzato le proprie capacità in modo errato, per scopi sbagliati anche se non ricordano nulla.
L'acquisizione dell'equilibrio psicologico raggiunto tramite meditazione e presa di coscienza di sé e del mondo circostante, è fondamentale per loro, un requisito cardine per portare a termine la missione e trovare la pace ultima.
In battaglia sono guerrieri determinati che non si arrendono sino a quando non hanno abbattuto il proprio nemico, implacabili e estremamente spietati nei confronti delle creature dell'Ombra. In particolare, tendono ad essere estremamente oculati e riflessivi: prima di gettarsi in un’impresa, di intraprendere una missione, tendono a pianificarla nel minimo dettaglio affinché possa riuscire e, soprattutto, non nuoccia in alcun modo agli innocenti. A volte questa perfetta schematizzazione mentale, questo progettare fino al dettaglio il loro agire, fa perdere loro occasioni importanti e punti di vista alternativi.
I Redenti hanno una sorta di pseudovita, sospesi in un limbo tra vita e morte, in cui la loro anima è intrappolata nel corpo sino a quando non raggiungeranno il perdono per gli atti malvagi compiuti prima di abbandonarsi all’oblio, al riposo.
Alcuni di loro conducono una vita solitaria e quanto più appartata, non amano farsi vedere in pubblico tant’è che prediligono camuffarsi per passare inosservati: indossano maschere, cappelli, ampi cappucci, tonache che coprano quanto più possibile il corpo e lo rendano degno di scarsa attenzione da parte degli altri. Indossano spesso indumenti dai colori neutri, scuri quando si trovano a percorrere le strade di Esperia al calar della notte.
Altri, al contrario, sentono il bisogno di far parte della società, si sentono vicini a coloro che proteggono in quanto i Redenti stessi mantengono sentimenti ed emozioni mortali. Considerano anche questo mescolarsi alle masse come una necessità per comprendere a fondo la loro missione e valutare ogni possibile incognita.
Alcuni possono decidere di aggregarsi ad altri individui, purché condividano obiettivi e scopi. Se stanziali preferiscono abitare in luoghi silenziosi, dove vi è un'incidenza minore di anime perdute e malevole che si aggirano nei dintorni, dato che la capacità di captarle diviene quasi una maledizione per loro.
Le abitudini personali e i costumi sono molto variabili a seconda del periodo storico da cui essi provengono, come se per loro il tempo non fosse passato. Mantengono quindi intatte le proprie tradizioni e rituali quotidiani, seppur, per necessità e con il passare del tempo, tendono ad adeguarsi all'evoluzione della società che, talvolta, si traduce nel viaggiare attraverso molte epoche differenti.
Non hanno necessità di consumare cibo quanto i Mortali, né di respirare essendo tenuti in vita da forze misteriose che li tutelano dal decadimento fisico e persino dai veleni e dalle malattie, cui sono immuni ma di cui sperimentano i sintomi fino a quando il male nel loro corpo non viene debellato in maniera naturale. Sentono il caldo e il freddo, la loro pelle è appena tiepida al tatto. Per passare inosservati e sembrare semplici Mortali, si nutrono come essi, chiaramente quando sono in pubblico. Quando vengono colpiti, le loro ferite guariscono più rapidamente di quanto potrebbe avvenire in un Mortale grazie ai loro poteri di rigenerazione, che permette loro persino di riappropriarsi e di ripristinare arti ed organi perduti.
I Redenti non possono riprodursi, sono sterili in quanto creature soprannaturali, morte e risorte. L’accoppiamento è possibile con Mortali, Licantropi, Dujor, ma senza conseguenze di natura riproduttiva. Dal punto di vista del piacere fisico, hanno rimembranze di tutte quelle sensazioni legate alla copulazione (qualora l’abbiano provata in vita).
Innlosing e Innlosing: ci sono due correnti di pensiero fondamentali: alcuni Redenti pensano che l’incontro con un loro simile sia un segno del destino, che abbia un significato ben preciso dunque lo sentono come un dovere ed una necessità continuare il proprio viaggio insieme a costui o costei; altri, semplicemente, preferiscono agire da soli indipendentemente dai rischi che corrono. C’è una terza via, però: due Redenti possono collaborare per un lasso di tempo limitate e poi tornare alla propria missione singolarmente. I Redenti hanno la capacità di riconoscersi, emanando un potere spirituale peculiare, e per questo motivo è impossibile che i Redenti possano intralciarsi a vicenda o andare l’uno contro l’altro.
Innlosing e Mortali: non è facile stabilire dei canoni di comportamento tra le due razze, dipende molto dall’individualità del Redento. Il rapporto con i Mortali è forse il più intenso poichè rivedono in questi ultimi ciò che un tempo erano anch'essi. Nostalgia, desiderio, orrore, disgusto, affetto, tutti sentimenti che i Redenti possono provare per costoro in maniera alquanto intensa, soprattutto nella fase iniziale della loro nuova esistenza. Possono essere quindi protettori dei Mortali dall'indole positiva ed arrivare a provare sincera amicizia o amore verso di loro. Ma sono strenui antagonisti degli abietti, in special modo se questi ultimi minacciano loro simili in maniera spregiudicata o ingiustificata. Mai si vedrà un Redento stringere un qualsivoglia rapporto con un Mortale non meritevole. I Redenti più “anziani” ed esperti, però, si lasceranno coinvolgere sempre di meno nella vita dei Mortali se non per compiere la loro missione e, in special modo, più un Redento raggiunge la consapevolezza dei propri obiettivi e della sua nuova condizione, meno verrà attirati da quei sentimenti appartenenti ad un'altra esistenza. Spesso cercheranno di fare da mediatori e pacificatori tra i Mortali.
Innlosing e Maledetti: tutto dipende dalla natura del Maledetto e dal suo agire nel mondo. Tendenzialmente provano pena per la loro condizione e se ritengono che il Maledetto sia degno di ricevere il loro aiuto (e soprattutto parte del loro prezioso tempo) non lesinano sforzi per aiutarli a spezzare la maledizione che li affligge. Se i Maledetti si frappongono tra i Redenti ed il loro obiettivo, però, non esiteranno a metterli fuori gioco. Può succedere che l’obiettivo vitalizio di un Redento sia proprio infrangere la maledizione di uno di loro e, in tal caso, diviene la sua ombra, li controlla affinchè non faccia del male, li dirotta sulla via giusta per spezzare una volta per tutte il suo male.
Innlosing e Costrutti alchemici: dipende tutto dall’individuo con cui si stanno rapportando. Un Costrutto altri non è che un Mortale, dunque i Redenti si comporteranno con loro esattamente come farebbero con dei “semplici” Mortali. Li considerano una minaccia o un ostacolo nel caso in cui l’agire del Costrutto sia moralmente contrario ai principi del bene assoluto.
Innlosing e Figlie della Luna: fino a quando il modo di agire di una Dujor è corretto e positivo, i Redenti possono decidere di aiutarle e dare loro supporto benchè essi non amino i sotterfugi come le Figlie della Luna. Non è raro che i loro obiettivi coincidano, così come è più che possibile che esse rientrino tra coloro da proteggere.
Innlosing e Vampiri: sono nemici spietati e implacabili di questa razza. Vedono in loro l'incarnazione dell’Ombra e delle sue malevole perversioni, la nemesi oscura del Redentore. Se c’è qualcuno o qualcosa che può ritardare la loro Redenzione, sono proprio i Vampiri ed il loro agire. Anche i Vampiri li considerano, a loro volta, come i nemici più potenti contro i quali combattere ed i Redenti sanno che costoro farebbero qualsiasi cosa per fermarli. Tra i Vampiri il sangue dei Redenti è un nutrimento alquanto ricercato capace, secondo le leggende, di conferire loro poteri inimmaginabili.
Innlosing e Licantropi: ne ignorano l’esistenza, in linea di principio, come qualsiasi altro mortale; nell’evenienza in cui ne vangano a conoscenza normalmente non hanno pregiudizi nei loro confronti: tutto dipende dalla condotta di vita del Licantropo e dai suoi obiettivi. Di certo non li considerano deboli e fragili come i Mortali, e raramente questa razza incrocia il destino di un Redento e dei suoi obiettivi. Ma la presenza di un animo per metà Mortale spinge spesso i Redenti a considerare possibili alleanze con loro e a farli rientrare sotto la loro ala protettrice.
Innlosing e Giganti: la sincerità e il profondo legame tra i Giganti, la terra e il mondo degli Spiriti suscitano nel Redento un sentimento di fiducia. L’animo dei Giganti li affascina e mette in uno stato particolare di quiete, forse proprio per la loro semplicità emotiva e l’agire diretto e onorevole. Tuttavia, l’eccessiva chiusura dei Giganti è spesso un problema quando i Redenti sentono il bisogno di chiedere il loro aiuto per qualsivoglia questione che riguardi il “mondo esterno”.
Indifferentemente nomi nimaidiani o tarnhamiti in base alle origini e provenienza del personaggio (vedi indicazioni sui nomi e i cognomi nei Regolamenti o nelle varie Razze).
Provenienza: Regno di Nimaida, Dominio di Tharnam, Duen Skell, Yerh’atoll
Lingue di partenza: Esperico, Vex Logos
Colore dei capelli: variabile a seconda del tipo di Mortale d’origine (vedi capitolo “Mortali-Dodeling”)
Colore degli occhi: variabile a seconda del tipo di Mortale d’origine (vedi capitolo “Mortali-Dodeling”)
Incarnato: estremamente diafano, con un reticolo di vene intricate che lo attraversa come tatuaggi; assume però un aspetto salutare e vivido man mano che il loro agire fa la differenza nel mondo.
Sagoma e portamento: variabile
Carattere: predisposizione ad essere schivi e riservati, solitari benchè ciò sia molto individuale.
ALLINEAMENTO: Variabile a seconda dell’indole Mortale
N.B. Un giocatore sarà in grado di crearsi un personaggio Costrutto alchemico, solo nel terzo slot, SE E SOLO SE avrà raggiunto i 3000 punti esperienza (compresi i punti acquisiti alla creazione del personaggio) con il primo personaggio o il secondo personaggio dell'account. Qualora il giocatore possedesse un personaggio Mortale e volesse trasformarlo, in game, nella razza del Costrutto alchemico, potrà fare richiesta di una quest ad hoc che lo trasformi al raggiungimento dei 3000 punti esperienza. Inoltre, la condizione del Costrutto deve essere necessariamente approvata dagli Admin.
La comparsa del primo Costrutto è relativamente recente benché la data sia in certa, in quella che è a metà tra una leggenda e una storia di vita comune, seppur qualcuno affermi che si tratti di una pratica ben più antica di quanto si pensi... Nel piccolo borgo di Cleira, nel Trono di Terah, la giovane figlia dell’alchimista subì un’amputazione dell’arto all’altezza della spalla destra a causa di un incidente alla macina in cui lavorava. Suo padre, afflitto dalla disperazione, fece di necessità virtù: intraprese una serie di studi con lo scopo di restituire alla figlia il braccio perduto. Trascorsero giorni, mesi di febbrile ricerca che si conclusero in un disperato nulla di fatto. L’alchimia, da sola, non era in grado di animare un arto meccanico e legarlo alla volontà della figlia. Giunse, però, in suo aiuto, una maga itinerante arrivata per esibirsi in uno dei suoi celebri spettacoli in cui dilettava il pubblico animando un burattino che imitava in tutto e per tutto i suoi movimenti, come se le fosse collegato. Questo incontro cambiò radicalmente la vita di entrambi, nel bene e nel male. La maga prese a cuore la situazione del collega alchimista e della sua sventurata figlia e decise di offrire all’uomo le sue conoscenze ed il suo aiuto, reciprocamente interessata alle sue scoperte in campo alchemico. I due si misero subito a lavoro e l’alchimista comprese che, a legare la marionetta alla sua padrona, era una serie di rune scolpite nel legno attivate da un artefatto magico dal quale la maga attingeva potere. Vista l’enorme quantità di potere magico racchiuso nelle rune studiate ad hoc per la situazione della fanciulla, i due procedettero per gradi: anche solo un piccolo errore, una sbavatura nella definizione delle rune avrebbe potuto mettere in pericolo la vita stessa della ragazza. Alla fine, riuscirono nel loro intento non senza tribolazioni. La figlia riprese la funzionalità dell’arto, o meglio, prese il completo controllo su un oggetto del tutto estraneo ma che le conferiva indubbiamente dei vantaggi e, al contempo, dei profondi disagi, soprattutto nei rapporti con la sua gente. Gli anni passarono e al disagio psicologico si aggiunsero problemi legati al contenimento della magia che portarono la ragazza alla pazzia. Si narra che ella sia ancora nascosta nello stesso mulino ove perse il braccio, rimasto chiuso da quando l’alchimista morì violentemente nel suo laboratorio. C’è chi accusa lei della morte del padre e della scomparsa improvvisa della maga, c’è chi attribuisce questi eventi di sangue a poteri malefici scatenati da questo “esperimento”. Tuttavia, nonostante questo, gli appunti della maga e dell’alchimista furono divulgati e la pratica di dar vita ai Costrutti Alchemici si è diffusa in tutta Esperia e ben oltre i suoi confini...
Un Costrutto è la fusione tra il corpo di un Mortale, la magia ed innesti alchemici in grado di potenziare determinate caratteristiche del soggetto che si sottopone, volontariamente o contro la sua volontà, ad una complessa quanto pericolosa operazione alchemica e magica. I Costrutti alchemici rappresentano una variegata quanto eterogenea categoria. Arti e occhi possono essere sostituiti da un innesto sintetico, di origine alchemica, potenziato poi dalla magia attraverso una serie di rune tatuate nel punto in cui si innesta il meccanismo, rune che hanno un duplice scopo: immagazzinare e controllare il potere magico e, a loro volta, legare il dispositivo alla volontà del proprietario. Benché la fusione di biologico, sintetico e magia sia un campo nuovo e poco studiato, le potenzialità possono essere enormi, così come gli effetti collaterali che tale procedura comporta. Quelli più blandi, più banali, possono riguardare, per esempio, l’inceppamento dei meccanismi interni del dispositivo. Ovviamente gli effetti, nello specifico, dipendono dal dispositivo innestato. Un effetto più subdolo, lento e letale, è rappresentato dal rigetto del corpo nei confronti della magia utilizzata per unificare biologico e artificiale: le membra si riempiono di vesciche e piaghe, inizialmente intorno al dispositivo, risalendo poi lungo il resto del corpo e le ferite, se suturate, si riaprono poco dopo. Per evitare tutto ciò, i Costrutti devono periodicamente bere una pozione alchemica, la cosiddetta alkaestis, che mantenga il corpo stabile senza compromettere gli effetti della magia. Gli effetti collaterali possono essere vari e differenti: dalle ferite inguaribili alla pazzia, da eccessi di ira all’irrigidimento dei movimenti, il tutto che converge nella morte del soggetto se non si prendono le giuste precauzioni.
N.B. essendo un'ambientazione fantasy di epoca pseudorinascimentale, non è possibile prevedere la sostituzione di organi interni o l'innesto/sostituzione di tutti gli arti e gli occhi nello stesso momento. Tutte le modifiche vanno necessariamente giocate ongame, in maniera lenta e progressiva, seguendo le regole per le Protesi che è possibile trovare all’interno della documentazione in gioco.
Essa varia molto da Costrutto a Costrutto, in base alle proprie esperienze ed aspirazioni e, soprattutto, al modo in cui reagisce il corpo all’impianto di una Protesi e all’enorme quantità di potere magico che scorre al suo interno e all’interno del corpo biologico. Benché ormai sia una pratica se non comune, quanto meno accettata, resistono sacche di resistenza che considerano questa pratica abominevole: nel Regno di Nimaida vi è una inflessibile legge contro i Costrutti che ne impedisce la diffusione e la circolazione in quanto si tratta di individui troppo pericolosi e instabili; nemmeno la Thula Skior, patria dei migliori guerrieri del Dominio di Tarnham, vede di buon occhio questo impiego dell’alchimia e della magia e i suoi abitanti considerano gli innesti alchemici come un artifizio che non dimostra la vera forza di un Mortale.
Per questo motivo, non tutti ostentano la loro diversità per timore di ritorsioni, mentre altri, al contrario, la sfoggiano con orgoglio, come se fossero cicatrici di guerra che tutto dicono sul proprietario. Altri si sottopongono a questa pratica per necessità, per sopravvivenza, altri ancora semplicemente per diventare più forti, più agili, avere delle prestazioni migliori e dunque per mero egoismo ed interessi di sorta. Ad ogni modo, ciò dipende da individuo a individuo.
Il fatto di possedere una tale, controversa modifica corporea influisce decisamente sul loro modus vivendi. Che sia una scelta volontaria o imposta da altri, il Costrutto è costretto a fare i conti con la propria diversità che lo rende speciale agli occhi di qualcuno, pericoloso agli occhi di altri, disgustoso in altri casi. A seconda del luogo in cui si trova e, soprattutto, della mentalità più diffusa, il Costrutto può decidere di nascondere -quando possibile- la propria diversità o esternarla, in special modo nei casi in cui deve dimostrare la propria potenza per tenere alla larga eventuali facinorosi.
Un elemento chiave della vita quotidiana di un Dod Alkaest è l’obbligo di ingerire, giornalmente, una specifica pozione alchemica che evita il rigetto dell’impianto da parte del corpo mortale. Il Costrutto corre un grave rischio se non la beve quando previsto, e ciò può portare a conseguenze nefaste, ivi compresa la morte nei casi più gravi. La ricetta di questo particolare intruglio denominato alkaestis è gelosamente tenuta segreta dalla Società Empirea per due motivi: avere il monopolio sulla sua produzione e, al contempo, scongiurare un uso incontrollato e pericoloso della pozione da parte di inesperti o malintenzionati
I Costrutti alchemici non sono altro che Mortali e, in quanto tali, vigono per loro le stesse leggi naturali di un qualsiasi Mortale. Si possono dunque riprodurre con altri Mortali, con le Figlie della Luna e con i Licantropi; possono avere rapporti sessuali con i Vampiri e Redenti ma senza potersi riprodurre. Con i Giganti, per ovvie ragioni anatomiche, non possono incrociarsi. Tuttavia, se l’impianto alchemico influisce in qualche modo sugli organi riproduttivi, non è detto che essi siano fecondi. Non sono rari, infatti, casi di sterilità, anche e soprattutto per l’uso prolungato nel tempo della pozione alkaestis.
Dod Alkaest e Dod Alkaest: non vi sono da sottolineare particolari atteggiamenti tra Costrutto e Costrutto. Essi possono ignorarsi, stringere rapporti d’amicizia o altro, entrare in competizione, temersi vicendevolmente: tutta la gamma di rapporti possibili tra Mortali quali loro sono. Non sono rare alleanze, anche in virtù delle difficoltà, soprattutto iniziali, ad approcciarsi con gli impianti alchemici e all’obbligo, a vita, di ingerire l’alkaestis.
Dod Alkaest e Mortali: alcuni Costrutti, -in special modo coloro che, per sopravvivenza o per costrizione, hanno dovuto sobbarcarsi questa modifica corporea- sono gelosi della “normalità” del corpo mortale, o provano una fervente nostalgia per ciò che è stato loro sostituito da un bailamme di ingranaggi metallici, rune e fluidi. Chi accetta volontariamente e con soddisfazione questi potenziamenti, invece, potrebbe provare un moto di orgoglio e superiorità nei confronti dei quasi-parirazza, talvolta sfociati in sottomissione e violenza verso i più fragili Mortali. Ma è altrettanto comune che essi si sentano semplicemente al pari dei Mortali, intrattenendo con loro pacifici rapporti sociali.
Dod Alkaest e Redenti: la pensano esattamente come i Mortali, ovvero li considerano una leggenda, una sorta di speranza per tutta la popolazione, o ancora delle entità vive e reali a cui offrire eventuale aiuto o a cui fare domande esistenziali importanti. C’è chi non crede in loro, soprattutti quei Costrutti la cui vita ha fatto loro maturare un certo cinismo e pragmatismo, ma vi sono altri che sperano di incontrarli nella speranza di poter tornare alla loro condizione Mortale o, in qualche modo, farsi mondare da quella che è una violazione del naturale equilibrio mortale, soprattutto coloro che hanno mantenuto una forte fede.
Dod Alkaest e Maledetti: rispetto ad un comune Mortale, il Costrutto, qualora incontri un Maledetto, potrebbe provare una certa empatia verso costui poiché entrambi, in un certo senso, condividono un destino diverso da quello Mortale in vista della loro “diversità”, anche se di natura molto differente. Ma poiché si tratta intrinsecamente di Mortali da entrambe le parti, le reazioni e il tipo di rapporti stretti vicendevolmente sono altamente variabili a seconda del carattere e delle credenze personali.
Dod Alkaest e Figlie della Luna: se nei confronti delle Dujor i Costrutti provano gli stessi sentimenti di un semplice Mortale (ammirazione, sospetto, incredulità, mancanza di fiducia e via dicendo), sono le Figlie della Luna a provare sentimenti contrastanti nei loro confronti. Il fatto di aver sostituito una o più parti del proprio corpo con impianti di natura alchemico-meccanico-magica li rende, ai loro occhi, pericolosi oppure una risorsa. Le Dujor, infatti, in terra di Yerh’atoll, sono propense a studiarli e, alcune di esse, anche ad impiantare le Protesi con l’uso di alchimia, magia e tecnica. Se la Figlia della Luna è maggiormente empatica e caritatevole, o se si tratta di una Seconda, per metà Mortale, ella non disdegnerà di restare loro accanto e offrire il proprio supporto.
Dod Alkaest e Vampiri: La considerazione dei Costrutti nei confronti dei Vampiri è la stessa di parte Mortale: non sanno della loro esistenza. Lo sguardo dei Vampiri nei loro confronti, però, è diverso: in virtù delle specifiche capacità dei Costrutti, che sia la forza bruta, uno sguardo più acuto, una maggiore resistenza, essi li considerano delle interessanti risorse da corrompere così che possano lavorare per loro. Per di più, i Vampiri sono interessati a questa fusione tra alchimia, magia e tecnica e anelano di migliorarla ed usarla a proprio vantaggio, quindi sfruttando i Costrutti stessi.
Dod Alkaest e Giganti: in virtù del naturale isolamento dei Giganti, pochi Costrutti hanno ma visto i Giganti, soprattutto se provenienti dal territorio di Nimaida, e viceversa. In generale, però, i Giganti non li guardano con occhio critico, più che altro perché non comprendono la natura delle loro modifiche, dunque il rapporto tra loro è lo stesso che intercorre tra semplici Mortali e Giganti. Dal canto loro, i Costrutti possono guardarli con curiosità, sospetto, ammirazione (soprattutto coloro che hanno incrementato la loro forza con l’impianto alchemico, affascinati dalla loro stazza e dalla loro potenza muscolare), possono nascere alleanze così come competizioni e conflitti.
Indifferentemente nomi nimaidiani o tarnhamiti in base alle origini e provenienza del personaggio (vedi indicazioni sui nomi e i cognomi nei Regolamenti o nelle varie Razze).
Provenienza: Regno di Nimaida, Dominio di Tharnam (locazione a scelta), Duen Skell, Yerh'atoll
Lingue di partenza: Esperico, Logos Aurea/Norron
Colore dei capelli: castano, corvino, biondo, bianco, grigio, rosso (e relative sfumature) a seconda della provenienza
Colore degli occhi: castano, azzurro, grigio, verde, ramato, ambrato (e relative sfumature) a seconda della provenienza. In presenza di impianti legati agli occhi, essi possono essere di natura e colori differenti dal normale.
Incarnato: rosato, ambrato, nero, olivastro, alabastrino (e relative sfumature) a seconda della sfumatura
Sagoma e portamento: variabile. L’impianto può influire sul portamento e sulla forma fisica se intacca arti o organi visibili
Carattere: variabile
“C'è una maledizione sulla porta che conduce alla mia tomba. Dice, in guardia, o voi che entrate ‐ perché qui giacciono le prove empiriche che siamo tutt'uno, viviamo nella stessa pelle, ognuno di noi condannato a fare i conti con la responsabilità per il nostro passato, i nostri ricordi, il nostro destino, tutti quanti elementi nella grande congerie della vita. E se trovate angoscianti questi sogni oscuri, forse è perché sono i vostri sogni.”
Stralcio di un celebre racconto dello scrittore Victor Allan Rein
ALLINEAMENTO: Variabile (in base alla natura Mortale o all’influenza della Maledizione)
N.B. Un giocatore sarà in grado di crearsi un personaggio Maledetto, solo nel terzo slot, SE E SOLO SE avrà raggiunto i 3000 punti esperienza (compresi i punti acquisiti alla creazione del personaggio) con il primo personaggio o il secondo personaggio dell'account. Qualora il giocatore possedesse un personaggio Mortale e volesse trasformarlo, in game, nella razza del Maledetto, potrà fare richiesta di una QUEST AD HOC che lo trasformi al raggiungimento dei 3000 punti esperienza. Il giocatore deve scegliere una Malformazione fisica, un Bonus e un Malus da una lista di possibilità consultabile direttamente in gioco, nella sezione Servizi > Dinamiche di gioco > Maledizioni: regolamento
Sul territorio di Esperia non è affatto raro avventurarsi in qualcuno marchiato da una Maledizione e, soprattutto negli ultimi anni, queste Maledizioni sembrano essersi diffuse ancor più. Il mondo delle maledizioni è tanto vasto quanto impervio e molte di esse possono presentarsi come malesseri più o meno gravi, indisposizioni, sfortuna cronica, ma tutte sono accomunate da un elemento chiave: una malformazione o modifica consistente dell’aspetto esteriore. La letteratura della materia è alquanto spinosa, suddivisa in categorie, sottocategorie, eccezioni. I meccanismi con i quali si manifesta una maledizione sono ancora sconosciuti per la gran parte, e la teoria più diffusa è che si tratti di un potere ancestrale, selvaggio, legato al Piano delle Ombre e a sentimenti negativi come scintilla che attizza un incendio senza ritorno. Infatti, secondo le leggende e il pensiero comune, i malefici prendono consistenza nel momento in cui viene interpellata una forza oscura ed enigmatica. A seconda della popolazione considerata, le maledizioni e la loro genesi hanno nomi e caratteri differenti così come sono differenti le idee in merito alle forze che danno vita ad un maleficio. I Mortali di Esperia sono soliti pensare che siano provocate da spiriti maligni, da fantasmi legati ad un corpo mortale per infliggergli sofferenze in a terzi in ricordo di ciò che non hanno più; o ancora i credenti del Redentore sono convinti che le maledizioni siano opera dell’Ombra, amante del Caos e della perversione. Vi sono anche voci che identificano, in queste entità oscure evocate per infliggere una maledizione, le antiche divinità dell’Impero Aureo che tentano di tornare nel mondo attraverso Mortali designati ma non nel modo in cui vorrebbero. C’è chi crede che si tratti semplicemente di magia, magia proibita, e soprattutto i più superstiziosi tendono a confondere coloro che lanciano maledizioni con i Maghi di professione, accusando questi ultimi ed i loro poteri di provocare disgrazie e sofferenze ai comuni Mortali. Ogni popolazione ha un suo pensiero a riguardo, ma la verità è ben lontana dall’essere trovata. Tuttavia tutte le maledizioni hanno un comune denominatore: un sentimento estremamente negativo può dare vita alla maledizione e i Maledetti stessi, prima di divenire tali, possono auto maledirsi più o meno inconsapevolmente. Sia per un praticante di magia sia per una persona comune è dunque possibile evocare una maledizione e ciò la rende tanto pericolosa quanto casuale.
Attualmente si conoscono solo casi di Mortali maledetti, alcuni documentati, altri ipotizzati e paventati. Dunque l’anatomia è quella del Mortale, nè più nè meno, ma profondamente modificata nell’aspetto esteriore dalla maledizione stessa che la rende bestiale, mostruosa, butterata, pelosa o squamosa, o dilaniato tanto da rendere irriconoscibile la persona colpita dal maleficio. Alcune maledizioni influiscono sul ciclo vitale, danneggiando le normali funzioni vitali, riproduttive, il funzionamento dei sensi, portando però all’acquisizione, anche, di speciali capacità non sempre negative. Poiché il mondo delle maledizioni è estremamente vasto, i casi variano da individuo a individuo e non è possibile codificare in maniera uniforme questa miriade di casi.
Anche in questo caso, essa è variabile. Il Mortale maledetto può mantenere il suo carattere di base nonostante la sfortuna e l’orrore cui è sottoposto. Può diventare più sensibile alla sofferenza altrui così come può diventare totalmente apatico, rabbioso e vendicativo a causa di ciò che gli è capitato, alla costante ricerca di vendetta o di una soluzione. Alcuni potrebbero farsi forza e lottare strenuamente per liberarsi dalla maledizione: i credenti cercherebbero rimedio nella religioni, altri l’aiuto di persone potenti o losche alleanze che gli permettano di trovare le risposte che cercano e un rimedio definitivo. Altri ancora potrebbero perdere tutta la loro forza interiore, abbandonandosi ad una vita di stenti e disagi, di rassegnazione, incapaci di trovare un modo per reagire a quanto è accaduto loro. O ancora c’è chi vi convive, chi si isola dal mondo, chi sfrutta la propria situazione per ricavarci qualcosa. Tutto dipende dal Mortale che era prima di divenire tale e dalla sua capacità di affrontare una situazione del genere, sempre anche in base alla gravità della maledizione.
A seconda della maledizione che l’affligge, il Felltigedig deve fare i conti con la propria quotidianità nel modo che ritiene più appropriato. Molti di essi vivono appartati, rassegnati a condividere l’esistenza con stanze polverose e silenziose. In molti casi, essi riescono a fare apparentemente la vita di sempre, possono camminare e vivere tra la gente senza destare sospetti ai più. Altri ancora errano alla costante ricerca della verità e di un modo per cancellare ciò che il destino (o la mano altrui) ha riservato loro, una soluzione ai loro problemi. Il modo di vivere varia a seconda della loro maledizione, difficile raccogliere una casistica comportamentale. Non hanno un corpus di leggende e tradizioni specifiche in quanto esseri umani provenienti da ogni angolo di Esperia e dunque sono legati, tendenzialmente, alla propria cultura di nascita, al proprio vissuto. Anche l’alimentazione può dipendere dalla loro condizione, o semplicemente essa non influisce in alcun modo sulle abitudini alimentari.
Il loro modo di vivere e di ragionare è da ritrovare nella loro provenienza, nel modo in cui sono cresciuti e negli effetti che la maledizione ha su questi sventurati.
Essendo esseri umani afflitti da una maledizione, hanno lo stesso ciclo di vita e riproduzione di un qualsiasi Mortale tranne nel caso in cui la maledizione influisca direttamente sulla loro capacità di riprodursi e accoppiarsi. Generalmente, sono interfecondi con altri Mortali. Possono accoppiarsi e riprodursi con i Licantropi e da tale rapporto potranno nascere altri Licantropi o semplici Mortali.
Non possono riprodursi con i Vampiri ma accoppiarvisi, ma possono farlo con le Figlie della Luna, le quali possono a loro volta decidere spontaneamente se concepire o meno. Possono accoppiarsi con i Redenti ma, in quanto questi ultimi esseri soprannaturali, non sono fecondi. Possono unirsi con Costrutti alchemici, ma ciò varia molto a seconda della conformazione del Costrutto. Con i Giganti, per ovvi motivi anatomici, ciò non è possibile. La maledizione, in ogni caso, non viene tramandata alla progenie.
Felltigedig e Felltigedig: La loro condizione di sventura e dolore li porta ad essere solidali tra loro. Non è raro che si offrano aiuto vicendevolmente, stringendo patti e accordi per aiutarsi a sciogliere la maledizione che li affligge o vendicarsi o, ancora, per scopi più o meno loschi. In ogni caso, ciò varia molto in base al loro carattere mortale di base e al tipo di maledizione degli uni e degli altri. Non è raro, inoltre, che un Maledetto possa avere paura dell’altro e tenersi alla larga.
Felltigedig e Mortali: i Maledetti cercano di tenere stretta la loro anima Mortale, ed è per questo che farebbero di tutto per continuare a vivere come un tempo, mantenere rapporti e contatti con gli altri Mortali. In alcuni casi, se il Maledetto è rassegnato o di indole malvagia (o per motivi indotti), spesso tende a rivoltarsi contro i propri parirazza, invidioso e rabbioso poichè essi hanno una vita normale, vita che un Maledetto, inevitabilmente, non può più vivere.
Felltigedig e Redenti: come per i semplici Mortali, i Redenti sono leggende. Ciò che i Maledetti credevano di loro prima della maledizione, continuano a crederlo anche in questa loro nuova, sventurata condizione. Incontrare un Redento, per molti di loro, è un segno, una possibilità di riscatto, un’ancora di salvezza. A volte sono i Redenti stessi a cercarli se il loro obiettivo è riportarli alla normalità e spazzare via l’oscuro potere delle maledizioni, così come potrebbero essere stati incaricati di distruggere un Maledetto che mini il grande progetto della Redenzione.
Felltigedig e Costrutti alchemici: possono provare invidia per la loro condizione o considerarli alla stregua di chiunque altro Mortale in quanto i Costrutti altri non sono che esseri umani che hanno deciso (o gli è stato fatto involontariamente) di potenziare sé stessi, sconvolgendo il loro corpo. Possono provare disgusto verso di loro o addirittura paura. Tutto è relativo al tipo di maledizione, all’indole e agli obiettivi di un Maledetto e, viceversa, dalle caratteristiche del Costrutto cui si trovano ad interagire.
Felltigedig e Figlie della Luna: in virtù della reputazione delle Figlie della Luna, molti di loro cercheranno l’aiuto e il supporto delle Dujor in quanto grandi dispensatrici di conoscenze, qualora riescano a rintracciarne una. Tendenzialmente le Figlie della Luna tenderanno ad aiutarli quando possibile, soprattutto se l’aiutarli conferisce loro qualche vantaggio e conoscenza.
Felltigedig e Vampiri: i Maledetti sono i servitori ideali per un vampiro. Molte volte i Maledetti vengono avvicinati dai Vampiri in quanto grandi conoscitori delle arti oscure, inducendoli a servirli nella speranza di liberarsi dalla maledizione dando vita ad un’alleanza che, talvolta, si rafforza in un mutuo scambio di favori. Così come per gli altri Mortali, i Maledetti non sanno dell’esistenza dei Vampiri ed è volontà di questi ultimi rivelare la propria natura qualora l’alleanza si tramuti in vero e proprio schiavismo o reverenza.
Felltigedig e Licantropi: essi vivono lo stesso disagio di una larga fetta della popolazione dei Licantropi, uno stato di emarginazione e timore di essere cacciati e respinti. Per questo motivo, i Licantropi offrono loro, sovente, protezione e un posto nella loro comunità, difficilmente, però, rivelando la loro stessa natura a meno che il legame non diventi stretto e intimo. Spesso, infatti, questo rapporto diventa talmente forte che i Maledetti, per riconoscenza, si pongono al servizio dei circhi itineranti dei Licantropi mettendo a disposizione le proprie capacità.
Felltigedig e Giganti: i Giganti difficilmente vengono a contatto con i Mortali e quindi con un Maledetto. In tal caso, però, i Giganti percepiscono un disequilibrio nelle condizioni del Mortale in questione, anche se non sono essi esperti di arti oscure. Questo li turba e, in quanto profondamente legati alla loro terra e al favore degli Spiriti, preferiscono tenerli alla larga e lontani dalle loro terre. Se un Maledetto è a conoscenza di queste creature, può chiedere volontariamente aiuto a costoro che possono sì scacciarlo come aiutarlo, studiandone la condizione di svantaggio e la fonte delle loro sventure per evitare che si propaghi o possa, in futuro, capitare a loro stessi.
Indifferentemente nomi nimaidiani o tarnhamiti in base alle origini e alla provenienza del personaggio (vedi indicazioni sui nomi e i cognomi nei Regolamenti o nell varie Razze).
Provenienza: Regno di Nimaida, Dominio di Tharnam, Duen Skell, Yerh’atoll
Lingue di partenza: Esperico, Logos Aurea/Norron
Colore dei capelli: castano, corvino, biondo, bianco, grigio, rosso (e relative sfumature) se la maledizione non influisce sull’aspetto fisico del Mortale; colori variabili, anche anomali, se essa intacca l’anatomia del Mortale.
Colore degli occhi: castano, azzurro, grigio, verde, ramato, ambrato (e relative sfumature) se la maledizione non influisce sull’aspetto fisico del Mortale; colori variabili, anche anomali, se essa intacca l’anatomia: rosso, bianco, dorato, colore naturale più acceso o cangiante in maniera innaturale, occhi felini, da rettile, pupilla estremamente dilatata o estremamente ridotta, etc.
Incarnato: rosato, ambrato, nero, olivastro, alabastrino (e relative sfumature) se la maledizione non influisce sull’aspetto fisico del Mortale; colori variabili, anche anomali, se essa intacca l’anatomia, o con folta peluria, squame, desquamazione, butterato, venoso, etc.
Sagoma e portamento: variabile
Carattere: variabile
“Il giorno in cui il Dodeling capirà, le Dujor saranno pronte ad aiutarlo…”
Celebre detto degli abitanti delle rive dell’Yhl
ALLINEAMENTO: neutrale (puro, buono), legale (neutrale, buono)
L'isola di Yerh'atoll è la loro terra, la culla della loro esistenza, un’isola incontaminata, inaccessibile, rigogliosa e misteriosa, dalle leggi molto diverse dal resto del mondo, avvolta perennemente nelle nebbie che la celano ad occhi indiscreti e indesiderati. Tra i fitti boschi di quest’isola, tra le fronde ombrose lambite dalla luce lunare e astrale, nascono le Dujor, le Figlie della Luna, un popolo di donne imperscrutabili e riservate, la cui vita e tradizioni sono avvolte nel mistero.
Secondo l'immaginario, si dice che provengano dalle Lune, creature piovute dal cielo sotto forma di gocce di luce che, a contatto con la terra, si sono poi trasformate in quello che sono attualmente: donne bellissime, slanciate, dai tratti perfettamente cesellati e la pelle alabastrina. Altri ancora dicono che siano spuntate dalla terra come fiori notturni e che si nutrano della luce delle stelle per alimentarsi, e una minoranza di individui le considera delle vere e proprie creature aliene, insinuatesi nella vita di Esperia in attesa del tempo in cui potranno conquistarla. L’idea più diffusa è che sia una popolazione appartata e gelosa dei propri segreti, e proprio a causa di questo loro atteggiamento che la gente di Esperia non si fida di loro benché ne ammiri le qualità ed ambisca ad averle al proprio fianco per carpirne i segreti ed usufruire delle loro abilità.
Tuttavia, le domande su di loro, sulla loro genesi, hanno cominciato a diffondersi solo negli ultimi secoli, ma le risposte non sono di così intuitiva reperibilità. A nessun Esterno, come vengono chiamati gli esponenti delle altre razze, è concesso di mettere piede su Yerh'atoll, e quando avviene, è solo per volontà diretta delle alte cariche politiche di questo popolo enigmatico.
Il loro legame con il cielo, gli astri e le Lune, è ciò che di più sacro vi è per loro, come l'adorazione della volta celeste e dei suoi gelidi misteri. La loro vita e i loro poteri sono, infatti, scanditi dai movimenti degli astri nel cielo, che studiano e usano come catalizzatori delle loro capacità ancestrali.
Un'importanza appena inferiore rappresentano per loro la terra, i boschi, le rocce, le creature viventi, gli elementi, che tendono a preservare gelosamente, sulla loro isola come all'esterno. Nulla è più importante, per costoro, della salvaguardia di ciò che è per loro casa, sicurezza, solidità, e a guidare i loro passi nel mondo è senza dubbio l’imprescindibile ricerca della conoscenza e degli antichi segreti celati sotto i veli della vita di Esperia.
Difficile paragonare una Dujor a qualche figura mitologica o leggendaria. Se volessimo provarci, potremmo descriverle come creature dalla pelle alabastrina, vagamente opalescente e traslucida, e la sagoma alta, snella e longilinea. Tuttavia, è difficile catalogarle in una morfocategoria rigida, poiché ognuna di loro è unica e presenta tratti e poteri caratteristici e, soprattutto, è importante scindere tra due genìe di Dujor: le Pure e le Seconde.
In linea di massima -in una generalizzazione che, però, non rispecchia affatto lo splendido ventaglio di variazioni estetiche presenti in questa razza- la loro altezza media si aggira intorno a 1.70 m seppur possano raggiungere altezze di 1.95 m. Possiedono un fisico longilineo, dalle forme perfettamente equilibrate. Non esistono, infatti, Dujor in sovrappeso o rachitiche: la natura ha donato loro equilibrio e purezza e una grazia e una coordinazione tali nelle movenze da catturare senza difficoltà ogni sguardo. Sono solite portare i capelli molto lunghi, sciolti o organizzati in acconciature elaborate che tendono a richiamare le trame degli Astrali nel cielo. Il colore dei capelli può essere nero corvino, dalle sfumature di cobalto o della porpora, castano o ramato, rosso fuoco, biondo miele o biondo pallido, bianco latte. Per quanto riguarda gli occhi, essi mostrano colori molto accesi, vividi, capaci di calamitare chiunque in molti modi. Possono vivere fino ai 130 anni senza, tuttavia, invecchiare affatto nel corso del tempo. Raggiungono la maturità intorno a 18 anni come i Mortali. L'unico segno dell'avanzare del tempo, per loro, è l'opacizzarsi degli occhi, che non riescono più a vedere e assorbire il lucore stellare come una volta.
Per quanto riguarda le Pure, creature nate a loro volta da due Dujor Pure, esse sono in numero nettamente inferiore rispetto alle Seconde. Rappresentano i resti dell'antico retaggio Dujor che, nei secoli, è andato quasi del tutto perdendosi in favore di mescolanze genetiche talvolta ricercate attivamente, per finalità politiche, scientifiche o rituali. I loro caratteri anatomici sono maggiormente caratteristici e ben distinguibili. I loro occhi sono lievemente allungati e il colore è estremamente vivido e alieno: bianco, grigio argento, blu cobalto, verde smeraldo, dorato, ramato corallo, azzurro ghiaccio o cielo. Le dita sono più lunghe e affusolate di quelle delle Mortali così come il fisico particolarmente snello e asciutto. Le orecchie sono più o meno puntute e nel ventaglio di colore dei loro capelli si ritrovano tinte legate al verde petrolio, al blu notte, al bianco perlaceo. Mancano di ombelico e la loro pelle è talmente candida ed eterea che, alla luce degli astri, assume un candore innaturale, brillante, come ali di libellula.
Le Seconde, invece, altro non sono che Dujor nate e cresciute su Esperia da madre Dujor e padre/madre Mortale, dunque sembrano in tutto e per tutto Mortali. Rappresentano la maggior parte delle Dujor. Hanno un fisico meno sottile e slanciato delle Pure, sono più formose e morbide; le orecchie sono comunemente arrotondate così come gli occhi non mostrano affatto la caratteristica forma a mandorla (a meno che il genitore Mortale non avesse tale forma oculare). Le dita sono affusolate, piacevoli, come quelle che potrebbe avere una qualsiasi Mortale ben curata. Occhi e capelli mostrano colori comuni e la pelle è sì nivea, alabastrina, ma non presenta alcun lucore alla luce degli astri.
Schive, riservate, altezzose, schiette, tenaci, affascinanti, coinvolgenti. Sebbene possiedano una personalità individuale, le dujor sono molto unite tra loro da vincoli che vanno oltre il retaggio familiare e le affinità e amicizie personali. È la loro stessa natura, oltre che la loro organizzazione politica, a farne una sorta di organismo indivisibile. Di carattere forte, addestrate fin dalla tenera età a controllare alla perfezione il loro corpo come la loro mente, farebbero di tutto pur di portare a termine ciò che si sono prefissate. Le loro forze si concentrano sulla ricerca della conoscenza e della risoluzione dei misteri di Esperia, alla strenua difesa della sopravvivenza della loro razza e della terra che le ospita, una terra povera di risorse e di dimensioni piuttosto ridotte. Per questo motivo, si sono dovute adattare, hanno dovuto lavorare alacremente per mantenere la loro indipendenza attraverso la conoscenza che mettono a disposizione dei Regni per risultare loro indispensabili ma senza svelare troppo dei loro fini.
Sono creature tendenzialmente incorruttibili, ligie al dovere, letali quando richiesto dalla loro etica e doveri, che mettono il benessere dell'Isola e della razza al primo posto. Eccezioni vi sono state, nella storia, ma non senza conseguenze di una certa portata.
Caratterialmente, però, così come per il loro aspetto fisico, sarebbe inesatto generalizzare, perchè ognuna di loro ha tratti psicologici ben distinti: dalla più gioviale e infantile delle Dujor, alla più riservata e seriosa, dalla sognatrice e curiosa indagatrice dell'esistente, alla più fredda e calcolatrice di loro, ogni Dujor racchiude un mondo che viene espresso dal loro modo di fare e di reagire e dalla concretizzazione così variegata dei loro poteri unici.
La loro aura di mistero, tuttavia, è quasi palpabile, ed è comune a tutte il sentimento di preservare e proteggere la propria cultura e tradizioni da coloro che non ritengono all’altezza delle loro conoscenze, che le rende inizialmente molto riservate nei contatti con gli Esterni. Il loro scopo primario è fare proprie le conoscenze del mondo. Non si sottraggono nemmeno, all'occorrenza, ad approfittare dell'ingenuità di popoli meno progrediti o di genti più semplici per raggiungere i propri obiettivi.
Una delle particolarità più inusuali ma anche inquietanti del popolo delle Dujor è la condivisione delle Memorie ancestrali, ossia di tutti i ricordi della madre e di tutte le antenate tramandati esclusivamente alle figlie femmine. Questa capacità, pur insita in tutte dalla nascita, viene sbloccata solo dopo aver raggiunto il menarca, e quindi una maturità sufficiente. Ricevere generazioni e generazioni di memorie, infatti, condurrebbe qualsiasi Figlia della Luna alla pazzia se non fosse sufficientemente preparata ad arginarle, ecco perché la Sorellanza ha creato una complessa serie di rituali e di pratiche di meditazione per fortificare la mente e contenere le memorie, liberate quando la Dujor viene sottoposta al rituale chiamato Risveglio Ancestrale, presso il Pozzo della Luna. Tutto ciò è stato fatto per un motivo ben preciso: preservare l’innocenza e la sanità mentale dell’infante.
Quando viene compiuto il rituale di liberazione delle memorie ancestrali, queste pur affiorando tutte contemporaneamente, vengono immediatamente imbrigliate dalla Dujor, addestrata a farlo, per essere liberate in seguito poco alla volta, gradualmente, iniziando dai ricordi delle antenate più prossime nel tempo. Con la pratica e l’esperienza, la mente riesce a gestire un flusso sempre maggiore di memorie, avendo così la possibilità di rivivere immagini della vita delle proprie antenate, riuscendo ad andare sempre più indietro nel tempo. E la capacità di richiamare queste memorie, imbrigliarle, gestirle, è ciò che caratterizza la nobiltà nella società delle Figlie della Luna: quanto più elevata sarà questa capacità, tanto più elevato il rango della Dujor. Il rango tuttavia, non è nella società dujor uno status come può esserlo in altre culture. Nessuna nobile guarderà mai una sorella dall'alto in basso, quanto piuttosto sentirà la maggior responsabilità di essere esempio, sostegno, guida e consigliera per le Sorelle.
Il rituale del Risveglio Ancestrale si compie solitamente al raggiungimento della maturità, tuttavia molto spesso capita che una Dujor Seconda non sappia di esserlo se non in età più avanzata, cosìcchè esso viene svolto al momento del richiamo su Yerh’atoll da parte della Sorellanza.
Solo le figlie femmine ereditano i poteri e i ricordi delle antenate.
Tutte le Figlie della Luna, che siano Pure o Seconde vissute nei regni di Esperia, fanno parte di diritto della Sorellanza Astrale, l'organizzazione politica e sociale delle Dujor. Anche le Seconde, ovunque queste siano vissute, vengono richiamate sull'isola alla maturità per il Risveglio Ancestrale e per entrare a far parte, ufficialmente, della Sorellanza. Non vi sono Sorelle al di fuori del controllo della Sorellanza Astrale.
Nella loro vita, tutte le Pure trascorrono l'infanzia interamente sull'Isola, senza alcuna esperienza del mondo esterno, mentre la fase giovanile, dopo il Rituale del Risveglio, sarà dedicata ad acquisire conoscenze ed esperienze in giro per Esperia, ad accrescere il patrimonio comune di Memorie della razza, molte volte legandosi ad uomini e donne di potere per consigliarli e, una volta raggiunta un’età più matura, possono decidere di stabilirsi su Yerh’atoll per occuparsi dell’amministrazione della loro società, per guidare le più giovani e addestrarle a svariate mansioni (che sia la guerra, lo studio, la diplomazia, o la divinazione) mentre alcune di loro, coloro che possiedono capacità divinatorie più accentuate, si dedicano anima e corpo a questa pratica antica e insita nel loro essere.
Le Seconde generalmente possono avere le stesse mansioni ma, in più, grazie alle loro caratteristiche fisiche così simili ai Mortali tanto da confondersi con essi, sono perfettamente integrate nel mondo Mortale e sono le candidate preferenziali a svolgere ruoli di spionaggio e d’azione. Molte Seconde sono vissute fin da piccole tra i Mortali e ne hanno acquisito stili di vita, cultura, linguaggio, rimanendo estranee alla cultura Dujor fino alla maturità, momento in cui, imprescindibilmente, vengono richiamate su Yerh’atoll per ricevere la loro missione e imparare segreti ancestrali della loro Razza materna.
Esteticamente parlando, le Pure di Yerh’atoll sono solite portare i capelli sciolti o acconciati in complesse pettinature in cui chiome fluenti si mescolano a trecce simili a piccoli arazzi complessi, adorni di perle e motivi che richiamano gli astri e le lune. Vivono in edifici dalle forme sinuose e raffinate, abbarbicati sugli alti alberi dell’isola e collegati tra loro da ponti e passerelle coperte oppure in strutture eleganti e peculiari della razza Dujor, le cosiddette Case-tempio -presenti in gran numero anche sulle coste del lago Yhl- che fanno capolino tra il folto della foresta, disseminata a sua volta di lanterne magiche dalla luce fredda e contenuta così che non disturbi la fauna del luogo.
La società Dujor prevede molta mobilità, una vita per molte trascorsa gran parte del tempo fuori dall'Isola, con ritorni sporadici, spesso la totale dedizione alle esigenze politiche e diplomatiche o la totale obbedienza agli ordini della Sorellanza, e il concetto di famiglia si è plasmato su questo stile di vita, dando luogo a famiglie allargate, in cui le figlie sono cresciute dalle nonne, dalle madri biologiche o da altre loro compagne. La struttura familiare è spesso aperta o poligama. Esistono coppie monogame, ma non sono la norma, e l'amore è vissuto come un sentimento che ha diverse gradazioni e sfaccettature non esclusive, che cambiano da persona a persona senza vincoli basati sull'impegno e sulla forza di volontà. La fedeltà è intesa come sincerità di parole, sentimenti ed intenti, e dedizione incondizionata alla compagna (o al compagno nel caso di relazioni miste) nei momenti che si condividono insieme. La gelosia scatta quando c'è il sentore che la controparte sia con il cuore o con la mente altrove quando è con la Dujor, e il peggior tradimento è fingere di provare qualcosa di diverso da ciò che si prova davvero. Discorso differente per le Seconde che, come sopra citato, possono essere nate e vissute tra i Mortali del Regno di Nimaida, del Dominio di Tarnham, di Duen Skell ma anche degli stessi territori che circondano il lago di Yhl, e quindi aver acquisito in toto la loro cultura (si rimanda alle specifiche di razza dei Dodeling - Mortali), oppure recano in sé l’esperienza maturata su Yerh’atoll e i tratti culturali delle terre in cui vengono mandate in missione. Per le native su Yerh’atoll il conflitto tra cultura Dujor e cultura Mortale è forte: per molte di loro è difficile staccarsi dall’atmosfera eterea e dalla vita scandita dai cicli astrali, e l’integrazione tra i Mortali non è quindi sempre immediata e semplice. La loro fonte di nutrimento è ciò che offre la natura, ma apprezzano poco la carne, dal momento che sull'isola non praticano la caccia, ma soltanto la pesca e il loro gusto è più delicato di quello dei dodeling. Le Seconde nate e vissute tra i Mortali, però, non limitano la propria alimentazione.
Le Figlie della Luna hanno libero arbitrio e completa padronanza del proprio corpo: possono decidere spontaneamente se un accoppiamento darà vita ad una nuova vita (o più d'una). Hanno quindi pieno controllo sulla propria ovulazione e non hanno il ciclo. Le loro missioni su Esperia spesso consistono nel fare incroci genetici tra Mortali o tra Dujor stesse e Mortali, prediligendo individui dalle particolari caratteristiche mentali e fisiche come maghi potenti, personalità di spicco ma anche esperti guerrieri. Non hanno pregiudizi nei confronti del sesso, lo vivono pienamente e liberamente e il piacere fisico che provano è direttamente proporzionale all’attrazione verso l’amante. Sfruttano il sesso anche e soprattutto come arma quando si occupano di fare spionaggio, per ottenere conoscenze e segreti e stringere legami importanti. Sono interfeconde con Licantropi e Mortali, seppur l’accoppiamento, come suddetto, non include la casualità di rimanere incinta: è una decisione puramente arbitraria della Figlia della Luna e, aspetto di fondamentale importanza, è che le Dujor possono procreare indifferentemente con uomini e donne attraverso scambio di materiale genetico ed una intensa predisposizione mentale del momento. In sostanza un atto di volontà. Se dall’accoppiamento con un maschio è facile capire come avvenga questo scambio genetico, rimane ancora un mistero, almeno fuori dall'Isola, come questo avvenga tra donne.
Riguardo alle Pure, qualora decidano che l’individuo con cui si accoppieranno sia idoneo a mischiare con loro i propri geni per dar vita, così, ad una Figlia della Luna, lo introdurranno in un rituale molto particolare in cui l’ingrediente fondamentale sono, di certo, le lune di Esperia, purchè esse non siano nuove, oscure, perchè sarebbe presagio di sventura e potrebbe vedere il concepimento di una creatura dall'animo tendente alla corruzione, anche se molte di loro non credono affatto a questa teoria. Esse preferiscono unirsi con altre Pure ma ciò non è un dogma. Entrambe le Pure, nell'atto del concepimento, possono decidere di restare contemporaneamente incinta, generando quindi, a tutti gli effetti, due gemelle Dujor, seppur raramente decidano di concepire entrambe nello stesso momento. Due gemelle Pure possono essere gestate anche da una sola delle due madri, se questo è il loro desiderio. Dai rapporti tra due Pure si originano solo Dujor femmine, anch'esse Pure. Dal rapporto tra una Pura ed un esponente, maschio o femmina che sia, di un'altra razza, si originano le Seconde o pargoli di sesso maschile che non ereditano i poteri Dujor. Sia il sesso dei nascituri che un'eventuale gestazione gemellare sono decisi dalla Dujor.
Diverso per le Seconde, che vivono il parto come un qualsiasi Mortale, seppur il controllo sul corpo, sull'ovulazione e sulla scelta del sesso del o dei figli sia uguale alle Pure. Tuttavia, la connessione mentale con il feto è altrettanto forte quanto quella tra una Pura e il frutto del suo grembo.
Il periodo di gestazione dura nove mesi, il rigonfiamento del ventre sarà esiguo rispetto a quello dei Mortali e il parto è affine a quello Mortale, doloroso allo stesso modo e, forse, anche di più, poiché sono tormentate, oltre che dal dolore fisico, da visioni, frammenti di ricordi in cui rivivono la propria vita e che trasmettono alla figlia che sta per vedere la luce. Tuttavia, si tratta di immagini confuse, indizi, e più un ricordo è lontano, risalente ad antiche antenate, più è difficile farlo emergere. È nel corso del parto che bisogna svolgere il rituale necessario a bloccare nella nascitura le Memorie fino al momento del Risveglio Ancestrale.
Il cognome di una Dujor, anche detto matronimico, per una Pura è solitamente composto da due parole separate da un apostrofo, che rappresenta esso stesso una falce di luna: le due parole sono prese dai cognomi delle due madri, come se una parte dell'una e una parte dell'altra fosse tramandata alla discendente, così come la dualità rappresenta quella delle due lune gemelle, Aeternia e Avidia di cui le Dujor si professano il retaggio. Solitamente, i cognomi delle Dujor racchiudono in sè dei significati legati a particolari aspetti della vita, delle capacità delle Figlie della Luna o ancora della terra di Yerh'atoll, delle sue bellezze e dei suoi segreti e vengono scelti dalle madri a seguito di divinazioni compiute sulla creatura ancora prima della sua nascita (Vedi articolo "Vocabolario yjor" in Codex, nel gioco).
Le Seconde, al contrario, possono portare tanto il cognome della madre Dujor, tanto quello della madre o padre Mortali, cosa che solitamente rende ancor più difficile farle riconoscere come Figlie della Luna agli occhi degli Esperici.
Le Dujor possono concepire con i Mortali sia femmine che maschi (//non è possibile crearsi un personaggio maschile di razza Dujor) ma SOLO le femmine ereditano i poteri e le conoscenze delle madri.
Dujor e Dujor: è come se fossero una sorte di mente collettiva. Il loro patrimonio di valori etici e morali le accomuna e unisce (fatta eccezione per le esperienze personali che sono differenti per ognuna di loro). Vi è rispetto, un forte senso di protezione e un profondo legame di sorellanza che, tuttavia, non preclude visioni differenti e contrasti che si risolvono sempre e comunque in virtù del loro desiderio di chiarezza e solidarietà. In ogni caso, le Figlie della Luna, che siano Pure o Seconde, agiscono di concerto per il progredire della loro razza e per mantenerne lo status quo su Esperia ed essere Pure non implica alcun vantaggio sociale rispetto alle Seconde, né viceversa queste ultime sono considerate da meno delle altre, ancora una volta la dualità è un valore, non un disvalore.
Dujor e Mortali: li vedono come creature imperfette e capaci di fare errori a causa della scarsa conoscenza, della precarietà della loro vita, dei sentimenti contrastanti che abitano il loro animo, scisso naturalmente in luce ed ombra, e soprattutto delle emozioni di cui cadono preda, non sapendo esercitare abbastanza controllo. Qualora si rendano conto della buona volontà del singolo, delle conoscenze che loro reputano positive e costruttive, dell’equilibrio nel loro animo e delle loro azioni, possono decidere di fidarsi e stringere con il Mortale un rapporto di mutuo soccorso per proteggerlo, aiutarlo e addestrarlo in ciò che la stessa Dujor ritiene giusto. Apprezzano di loro inventiva e flessibilità, e a volte anche una capacità emotiva che loro, nel loro assoluto controllo, rischiano sempre di perdere. Spesso l’aiuto che gli offrono, però, non è gratuito...
Dujor e Redenti: sanno dell’esistenza dei Redenti e del loro scopo nel mondo dei vivi (SOLO le Dujor di alto rango nella Sorellanza sanno del segreto dei Redenti e degli obiettivi della Sorellanza a riguardo). Poichè si tratta di ciò che è più vicino all’essenza del Redentore, li cercano con l’aiuto della divinazione per carpirne i segreti e avvicinarsi sempre più al Redentore. Poichè i Redenti seguirebbero la loro missione ad ogni costo pur di portarla a termine, le Figlie della Luna sanno di non poterli fermare o rallentare in alcun modo nè tanto meno un Redento accetterebbe mai di mettere da parte la sua missione per farsi studiare dalle Dujor. Dunque quando possibile li aiutano nel loro compito, purchè sia esso in linea con i loro intenti, approfittando del rapporto sviluppato con loro e della vicinanza per poterli studiare.
Dujor e Maledetti: fondamentalmente provano pietà nei loro confronti e non disdegnano di aiutarli a ritrovare la normalità, anche e soprattutto per evitare conflitti e problemi. Non sempre ritengono che il Mortale affetto dalla maledizione meriti di essere “curato” a causa delle azioni compiute dal maledetto durante la sua vita o ancora possono schierarsi contro di lui in casi di eccezionale pericolosità di quest’ultimo o qualora questi si sia schierato con la parte sbagliata.
Dujor e Costrutti alchemici: la considerazione è soggettiva. Alcune Dujor accettano la loro esistenza come una delle tante sfaccettature dei Mortali, altre li vedono come abomini, come Mortali plagiati dal desiderio di essere innaturalmente migliori e di avere predominio sugli altri. Alcune Figlie della Luna sono aperte alla sperimentazione in tale campo e potrebbero non disdegnare di applicare loro stesse tale procedura a chi ne facesse richiesta (solo ai Mortali), solo all'interno dei territori di Yerh'atoll sotto la loro giurisdizione.
Dujor e Vampiri: non sanno dell'esistenza della razza dei Vampiri così come il resto delle razze di Esperia.
Dujor e Licantropi: non vi è una linea d’azione consolidata nel tempo. Vi sono innumerevoli correnti di pensieri all’interno del loro popolo riguardo al rapporto con i Licantropi. Alcune di loro si sentono responsabili della loro nascita in quanto furono proprio una di loro a generarli a causa dell’amore cieco per un Mortale e della corruzione dell’Ombra, e proprio per questo motivo alcune di loro lavorano per spezzare la loro maledizione mentre altre credono che questo non sia più possibile dunque cercano quanto meno di aiutarli come popolo. Altre ancora sono indifferenti alla causa in quanto i Licantropi appaiono loro difficili da gestire per via della loro natura selvaggia, proprio a causa della quale le due razze non riescono sempre ad andare d’accordo poiché le Figlie della Luna sono estremamente logiche e, a volte, inflessibili, prediligono la razionalità rispetto all’istinto, prerogativa dei Licantropi. In ogni caso, un compito che le Dujor nel loro insieme si sono assunte è quello di tutelare questa razza facendo tutto ciò che è necessario perché il segreto della loro esistenza resti tale.
Dujor e Giganti: forse è il popolo con cui hanno minor affinità e provano poco interesse nei loro confronti fatta eccezione per la capacità dei secondi di avere un rapporti privilegiato e mistico con gli spiriti che permeano ogni cosa su Esperia. Poiché i Giganti sono un popolo estremamente chiuso, non avvezzo a contatti con altre realtà diverse dalla loro, le loro conoscenze sono altrettanto chiuse e limitate e dunque poco appetibili per le Dujor. Tuttavia, nonostante ciò, non c’è astio nei loro confronti ma nemmeno particolare interesse. Possono stringere con loro alleanze, anche se con molta difficoltà, poiché i Giganti non amano gli sconosciuti.
NOMI E COGNOMI CARATTERISTICI
Per meglio caratterizzare l'ambientazione e le singole razze/provenienze, quelli che seguono sono nomi tipici Dujor (esempi di nomi da personaggi/png già esistenti da NON usare) da cui prendere spunto per la creazione del proprio personaggio:
Nomi: Tilene Ygraine Safyra Iryam Meriel Kireneth Aleynia Alara Elune (Pure); le Seconde possono avere sia nomi da Pura che nomi in linea con quelli dell'etnia del padre o della madre Mortale.
Cognomi: Fin'dabair O'oramath Fae'run Fre'yhlde Mel'or Val'ar (Pure); le Seconde possono avere o il cognome di parte Dujor oppure quello di parte Mortale, dunque in linea con l'etnia del padre o della madre Mortale.
N.B. All'interno del gioco, nella sezione Codex, è presente il Vocabolario yjor dal quale è possibile scegliere le parole per formare il proprio cognome Dujor. Contattate lo Staff, eventualmente, per farvi modificare il cognome dopo aver scelto le parole che lo compongono in base al loro significato!
Provenienza: Yehr'atoll
Lingue di partenza: Esperico, Yjor, Vex Logos.
NOTA OFF: le Dujor Seconde possono fare richiesta, una volta creato il personaggio ed il suo background, di sostituire la Vex Logos con la lingua del regno in cui è cresciuta (Logos Aurea per il Regno di Nimaida/Duen Skell, Norron per il Dominio di Tarnham/Duen Skell)
Colore dei capelli: corvino, rosso, castano, biondo; solo per le Pure: bianco, grigio-argento, verde petrolio, blu notte
Colore degli occhi: blu, verde, dorato, ramato, azzurro; solo per le Pure: bianco, grigio-argento
Incarnato: alabastrino o di un rosa estremamente chiaro; solo per le Pure: pelle sottile e opalescente
Sagoma e portamento: figure slanciate e agili, dal portamento ritto e ed elegante
Particolarità: le Pure mancano di ombelico ed hanno orecchie appena puntute e dita particolarmente affusolate, occhi di un colore vivido e acceso. Le Seconde sembrano in tutto e per tutto delle semplici Mortali seppur dalla bellezza e dalla grazia più accentuate.
Carattere: variabile, ma tendente alla riservatezza e imperscrutabilità, specie con i Dodeling.
“Il Mortale pensa che alberi, fiumi, animali, roccia, siano tutte “cose” senz’anima, cose da sfruttare, cose da buttare. Noi Uwlor sentiamo che hanno un’anima, una vita spirituale propria piena di significato. Questa è la differenza.”
Citazione da un discorso di una discendente di Danae
ALLINEAMENTO: Neutrale (puro, buono), Caotico (buono, neutrale) (eccezioni da bg concesse, sempre nel rispetto della coerenza e della storia personale legata a quella di Esperia)
Quando iniziò l'esplorazione, da parte dei Mortali, delle Montagne di Ferro, e questi raggiunsero quella che, successivamente, fu chiamata Vetta del Cielo, mai si sarebbero aspettati di incontrare, tra quelle aspre gole e gli impervi declivi, una popolazione indigena come gli Uwlor. Dinnanzi alla loro stazza e ai modi un po' rudi dei Giganti, il primo contatto non diede alcun frutto: i Mortali fuggirono in preda al panico sotto lo sguardo incuriosito e sorpreso degli Uwlor. Tuttavia, col tempo, furono instaurati i primi contatti che condussero i due popoli a conoscersi e ad accettarsi, nonché ad avviare una serie di scambi proficui per entrambe le parti.
Il primo ostacolo che dovettero superare fu quello della lingua.
Benché i Giganti, come aspetto e fisionomia, potessero assomigliare ai Mortali, benché questi ultimi fossero molto più piccoli, una delle maggiori differenze stava proprio nella lingua gutturale parlata da costoro e nella modulazione della voce, ovvero come riuscissero a produrre suoni che sembravano richiamare elementi della natura e comunicare con essa, come per esempio il cinguettio di un uccello, il frusciare del vento tra le fronde, lo zampettare di un piccolo roditore. Ciò che si capì, da subito, fu la propensione di questo popolo a vivere in stretta comunione con la natura, che permetteva loro di sostentarsi e di sopravvivere nell'ambiente ostile e, per certi versi, povero di Vetta del Cielo.
Ben poco si conosce sulle origini di questa razza che custodisce i propri segreti con estrema tenacia. Si dice che abitino le terre di Esperia da sempre, da molto prima che comparissero i Mortali e le Dujor. C'è chi pensa che siano stati partoriti dal ventre delle Montagne di Ferro per esserne i guardiani e i protettori, in quanto la terra stessa è considerata alla stregua di una divinità e di madre. Il loro legame con la terra è profondo e imprescindibile, poiché dalla terra traggono nutrimento e materiali per la propria sopravvivenza: loro non sfruttano ciò che la natura offre ma prendono esclusivamente ciò che serve loro per vivere.
Gli Uwlor, però, fanno risalire la loro nascita all'arrivo, su Esperia, del Dio Vynagysi, l'Antico degli Antichi. Questi creò gli spiriti di tutte le cose, la prima coppia di Uwlor, la Montagna – chiamata dai più Vetta del Cielo – e la Grande foresta sui pendii di Vetta del Cielo. Il Dio fece di Vetta del Cielo la sua dimora in una grossa cavità all'interno della montagna dove gli Uwlor delle origini si recavano per parlare con la divinità.
Sotto la sua guida e protezione, tutti gli spiriti vivevano in armonia e prosperavano, e così i Giganti prosperarono a loro volta e crebbero di numero, ricevendo dalla natura più di quanto avessero bisogno per sopravvivere. Il gelo dell'inverno non era loro nemico e la fame non esisteva neppure e tutti gli spiriti vivevano in armonia, fino a quando uno spirito – il cui nome è andato incontro a damnatio memoriae – invidioso di Vynagysi e ansioso di prendere il suo posto all'interno della montagna, non corruppe i primi Uwlor con la promessa, qualora lo avessero accettato come loro dio protettore, di venire a conoscenza di tutti i nomi segreti degli spiriti nati da Vynagysi. Lo scontro tra queste due fazioni divenne inevitabile: le foreste vennero distrutte per creare armi, intere tribù furono decimate dalla guerra e gli spiriti riempirono ogni angolo del cielo con le loro urla strazianti poiché l'Equilibrio era perduto per sempre. La fine della guerra portò alla vittoria di Vynagysi e dei suoi, il quale perdonò gli sconfitti ma decretò che, fino a quando l'Equilibrio degli spiriti non fosse tornato quello di un tempo, egli sarebbe rimasto lontano dai suoi figli, che avrebbero dovuto provvedere da sé alla propria sopravvivenza e a mantenere l'Equilibrio tra gli spiriti rimasti, così che potessero comprendere la gravità del danno arrecato con quella inutile battaglia.
Gli Uwlor rimasti decisero, di comune accordo, di cancellare per sempre, dalla memoria di tutti loro, il nome di quello spirito tentatore che, sconfitto ma non distrutto, cercò rifugio nelle viscere di Vetta del Cielo. Ad oggi, la grotta in cui viveva Vynagysi è sconosciuta e in molti, nei secoli, l'hanno cercata ma con scarsi risultati.
Ad una prima occhiata, appaiono molto simili ai Mortali, fatta eccezione per la loro incredibile altezza, che varia dai 2,5 m per gli individui più piccoli ai 3 m per quelli di stazza maggiore, ma sono stati documentati anche casi di Uwlor mastodontici, alti fino ai 4 m di altezza. Quando un Uwlor nasce, misura intorno ai 0.7 m di altezza.
Esteriormente molto simili ai Mortali, hanno tuttavia una muscolatura molto spessa che li rende più resistenti e massicci, coriacei; i tratti del viso sono marcati, regolari, su un incarnato più o meno olivastro. Hanno una folta capigliatura che spazia dalle tonalità del rosso ramato, castano scuro, corvino, biondo platino, capigliatura che,assieme alla barba, che i maschi sono soliti portare lunga, acconciano e decorano nei modi più complessi e bizzarri, facendo uso di anelli di metallo, lacci di cuoio e pelli, artigli, piume e unghie delle creature che cacciano, ove la treccia è un elemento ricorrente. Tuttavia, vi sono Uwlor che preferiscono portare i capelli liberi e fluenti e la barba corta o, addirittura, rasata del tutto. Poichè questo è il gusto comune, non è detto, però, che vi sia chi preferisce acconciature più stravaganti e inusuali o una rasatura completa o parziale di testa e volto.
Il colore dei loro occhi spazia dall'azzurro ghiaccio al nero più cupo, e varia in base al colore di nascita, all'umore, al tempo atmosferico, alla connessione temporanea con gli spiriti e a molte altre cose.
Altra differenza che li contraddistingue è la posizione degli organi interni, speculare rispetto ai Mortali, tale che il cuore, ad esempio, si trova sulla destra. Il loro sangue inoltre è color rame e si schiarisce con l'età, tanto che negli individui molto anziani arriva ad assumere una colorazione molto simile all'oro grezzo dei giacimenti di montagna.
Le femmine sono tendenzialmente meno massicce degli uomini e dai lineamenti leggermente più dolci, meno squadrati. Hanno forme generose e fianchi larghi per favorire il parto.
Ma un elemento che accomuna maschi e femmine, senza distinzione alcuna, è la grande forza fisica che permette loro di sollevare massi enormi, portare in spalla grossi tronchi, e cacciare orsi e creature di taglia elevata.
La loro vita media si aggira intorno ai 110 anni.
Essendo da sempre vissuti tra loro, senza grandi contatti con le altre civiltà, hanno sviluppato una certa tendenza alla riservatezza e considerano l'estraneo come una creatura da controllare onde evitare che possa alterare gli equilibri della natura. La chiave per comprendere la loro personalità sta proprio nel loro rapporto con l'ambiente naturale e col loro modo di sopravvivere. La loro sopravvivenza, infatti, è legata ai fragili equilibri della natura, che rispettano e dalla quale prendono giusto ciò che serve loro per tirare avanti, senza sfruttarla e facendo in modo che la natura stessa possa rigenerarsi di ciò che essi hanno sottratto.
Si mostrano quindi molto sensibili nei confronti di tutte le creature viventi e degli elementi naturali, poiché sanno che qualsiasi creatura è la manifestazione fisica di uno spirito, dalla roccia di cui è fatta la montagna al piccolo pesce che risale il torrente. Questo non vuol dire che non caccino, per esempio, o non allevino creature per produrre latte: ciò che fanno è nella misura della loro sopravvivenza, o per mantenere gli equilibri stessi della natura. Ad esempio, combatteranno ed elimineranno predatori che stanno eccessivamente scompensando l’equilibrio di un bosco o di un lago, o ancora potrebbero dover diradare un bosco se ciò minaccia il naturale sviluppo di una prateria. Così come imparano a combattere e difendersi dalle minacce che gravano su Vetta del Cielo, come mostri e briganti, tant’è che nell’Adunanza degli Spiriti, la loro organizzazione sociale e religiosa, ha un ramo prettamente dedicato ai guerrieri e difensori del popolo degli Uwlor.
Nei confronti delle altre razze, inizialmente si mostrano guardinghi e sospettosi, piuttosto schivi. Tuttavia, non rifiuterebbero mai di dare ospitalità e protezione a chi è ferito o in difficoltà e, se si riesce a conquistare la loro fiducia, divengono aperti ed espansivi, così come tendono ad essere tra loro. I più fortunati, tra gli estranei, possono ambire a diventare parte della loro comunità, fondata sul rispetto e aiuto reciproco.
Negli ultimi tempi, con l'aumentare dei contatti con i Mortali del Dominio di Tharnham, sono divenuti più aperti e meno sospettosi.
Vivono in piccole comunità, in villaggi di legno e pietra che sorgono nella valle o abbarbicati sui monti. Il villaggio, solitamente, si struttura a partire da un totem o da un cerchio di pietre – a seconda della grandezza del villaggio– luogo ove la comunità si riunisce per discutere, festeggiare o giudicare i rei.
Non esiste la concezione del singolo quanto quella della comunità: ogni individuo lavora e vive per il bene della società.
Sono abili cacciatori, raccoglitori, allevatori. Poiché l'ambiente aspro in cui vivono non lo concede, l'agricoltura non è molto sviluppata. Nei villaggi c'è qualche piccolo orto, ma per il proprio sviluppo, prediligono raccogliere ciò che trovano in natura, come funghi, bacche, erbe, pigne, miele, radici e tuberi, integrando questa loro alimentazione di base con carni di cacciagione, compreso l'orso, che cacciano loro stessi, e tramite l'allevamento di bufali e robuste capre di montagna, montoni, dai quali ricavano pelli per il vestiario, latte e carne. La loro è una cucina ricca di erbe selvatiche, con le quali conservano anche i cibi, una cucina molto grassa ed energetica per far fronte al clima prettamente freddo delle montagne.
Negli ultimi anni, il numero di Uwlor è aumentato in tutte le varie comunità grazie alla nascita di un vero e proprio sistema di commerci con i Mortali di Tarnham (in passato, vi erano solo piccoli baratti), che si svolgono presso il Mercato dei Popoli a confine tra i due territori, dai quali importano grano ed esportano metalli che ricavano dalle miniere, sempre con l'etica del sostentamento della comunità e non dell'arricchimento personale. Sono modesti fabbri e artigiani e producono, per lo più, ninnoli di fattura grezza e piccole pietre con minuziose incisioni che i Mortali considerano dei portafortuna.
Il loro sistema di scrittura è primitivo e rudimentale e non può essere davvero definita una scrittura in senso stretto. È composta da rune, il cui numero varia in base all'alfabetizzazione personale, e più numerose sono, più la scrittura è elaborata e complessa. In verità esse vengono utilizzate soprattutto nelle pratiche religiose, incidendole nella pietra, ed ognuna di esse può rappresentare il nome dello spirito di ciò che li circonda: la montagna, la casa, il bosco, gli animali, persino le armi, spiriti da cui cercano risposte e consiglio.
Ogni oggetto, ogni Uwlor, ha due nomi: uno di uso comune, e il suo nome segreto, quello del suo spirito, e conoscere il Vero nome delle cose equivale ad avere potere su di esse. Per questo motivo, il nome segreto viene pronunciato solo durante questi riti, e in particolar modo, raggiunta l'età adulta, ad ogni Uwlor viene dato il suo nome runico che conosceranno solo gli Anziani e gli sciamani, e che lui stesso dovrà stare ben attento a non divulgare.
In ogni villaggio risiede uno sciamano o una sciamana, che presiede e celebra i riti. Questa figura non solo è depositaria di tutto il sapere storico tramandato oralmente, ma è anche quella a cui sono affidati tutti i nomi runici dei membri della sua comunità e quelli di tutti gli spiriti conosciuti della natura circostante. Gli sciamani più potenti sono coloro che riescono a tenere a mente più nomi e sono sottoposti ad un allenamento mnemonico fin da piccoli. Per questo motivo, solitamente, essi sono individui solitari e schivi poiché tolti dal Nido fin dalla tenera età per vivere a stretto contatto con lo sciamano del villaggio da cui viene scelto e del quale dovrà prendere il posto alla sua morte. Alla luce di ciò, qualora lo sciamano precedente dovesse morire prima di aver completato l'addestramento del suo discepolo, quella parte di sapere che non è riuscito a tramandare viene irrimediabilmente perduta.
Particolare, poi, è la loro concezione di famiglia, molto diversa da quella dei Mortali: una Uwlor può mettere al mondo un figlio con un parirazza ma senza necessariamente legarsi sentimentalmente ad esso. Non è inusuale che una femmina decida di legarsi ad un maschio o viceversa, però, così come non è inusuale che una Uwlor possa avere più figli, nell'arco della sua vita, avuti con compagni differenti. Subito dopo la nascita, il pargolo viene affidato alle cure di una o più Matriarche a seconda della grandezza della comunità: si forma, così, un gruppo di bambini (che vive in una zona del villaggio denominata “Nido” o “Recinto della nascita” e guidata dalle Matriarche) che crescono assieme, cui viene insegnato il senso di comunità e, al contempo, l'indipendenza dalle figure genitoriali che però potranno contribuire al loro benessere e alla loro crescita. È per questo motivo che generalmente un Uwlor si riferirà a tutti i componenti del suo villaggio di età congrua come dei suoi padri e delle sue madri, i bambini saranno per tutti “i nostri bambini”, i coetanei fratelli, gli Uwlor di altri villaggi saranno cugini e così via, in una stretta relazione di parentela sentita tra tutti i membri della comunità.
Il cognome dipende dal villaggio di nascita, che identifica la parentela più stretta all'interno della comunità più ampia.
Sono interfecondi solo con i membri della propria razza (per ovvie ragioni anatomiche) e, anatomicamente parlando, gli organi riproduttivi sono uguali a quelli dei Mortali tranne che per le dimensioni proporzionate alla loro stazza e il posizionamento.
Il sesso è quasi una sorta di rituale: la primaria necessità è il bene della società e, quindi, la procreazione ha come unico scopo quello di accrescere e far prosperare la popolazione con nuovi individui.
Uwlor e Uwlor: rapporto di fratellanza e aiuto reciproco. Sono cortesi e disponibili ad aiutarsi l'un l'altro nei momenti di difficoltà. In condizioni normali, solitamente, le varie tribù rimangono ognuna nel proprio territorio senza grandi scambi se non durante le festività estive, complice il fatto che, durante il lungo inverno, i passi montani sono chiusi ed è molto difficile spostarsi da una parte all'altra della montagna. Naturalmente, tra singoli o tra tribù, possono nascere rivalità e piccoli contenziosi legati allo sfruttamento della natura o alla rottura degli equilibri già di per sé molto labili, a causa del mancato favore di Vynagysi. Pur nel clima di costante fratellanza, esiste inoltre uno spirito di competizione molto spiccato tra i diversi clan, che si sfidano periodicamente in giochi e sfide volte a stabilire quale clan abbia gli individui più forti e più capaci in varie attività dalla caccia alla pesca alla scrittura di rune, al dialogo con gli spiriti, all'artigianato. Questa rivalità è generalmente fraterna, e i giochi terminano solitamente con grandi feste in cui si festeggia tutti insieme, ma non mancano talvolta le teste calde, che rischiano di portare discordia. Questi elementi vengono generalmente portati a giudizio davanti agli Anziani e possono ricevere condanne da scontare che, nei casi peggiori, possono arrivare all'allontanamento dalla comunità.
Uwlor e Figlie della Luna: guardano a loro con una certa diffidenza, e le considerano troppo complicate nel loro modo di parlare, di pensare, di agire. Gli Uwlor non hanno una gran fiducia nelle Dujor per via della loro celebre propensione a “cacciare” i segreti, anche quelli che non dovrebbero conoscere. Gli unici rapporti che hanno con loro avvengono durante il Mercato dei Popoli ed ogni tentativo diplomatico delle Figlie della Luna, di insinuarsi nella loro società, viene saldamente respinto.
Uwlor e Mortali: vengono guardati sempre con estremo sospetto, benché non si dimostrino ostili nei loro confronti ma nemmeno troppo disponibili, poiché i Mortali sfruttano in maniera massiccia la natura, e non solo per la propria sopravvivenza. Tuttavia, non si immischiano affatto nelle loro questioni territoriali e politiche, ma effettuano con loro, in modo esclusivo con gli abitanti di Tarnham e della Grande Catena, semplici scambi commerciali.
Uwlor e Redenti: sono affascinati e intimoriti da ciò che avvertono nel loro spirito. Affascinati perchè li considerano spiriti diversi dagli altri, di cui non sanno nulla, con cui non sono mai venuti a contatto e che non hanno un nome runico che li rappresenta, ma intimoriti proprio perchè percepiscono essere diverso da quello degli altri Mortali. Non sanno nulla di loro, della loro origine, e alcuni Uwlor credono addirittura che siano delle appendici dello spirito senza nome che li fece cadere in disgrazia.
Uwlor e Maledetti: li percepiscono come entità ambigue, il cui spirito è in bilico tra sentimenti contrastanti, confuso. Li guardano con sospetto, in molti casi preferiscono tenerli alla larga e, soprattutto, lontani dai loro luoghi sacri, che credono possano essere contagiati e minacciati d qualsiasi cosa abbia reso i maledetti quelli che sono
Uwlor e Costrutti alchemici: i Giganti considerano i Costrutti come Mortali a tutti gli effetti (vedere rapporto Uwlor-Mortali)
Uwlor e Vampiri: percepiscono l'oscurità nel loro spirito, e qualora i Vampiri dovessero violare Vetta del Cielo o minacciare le tribù e l'equilibrio delle terre in cui gli Uwlor vivono, non ci penserebbero due volte a combatterli e allontanarli. Non sanno nulla della loro natura o della loro esistenza, e non sono turbati dall'oscurità in sé, che è uno spirito come un altro, ma dal fatto che possano turbare l'equilibrio, come già accaduto in passato. Difatti alcuni Uwlor credono che i vampiri siano i figli dello spirito senza nome, mandati in Esperia per rompere gli equilibri della natura e portare guerra e caos, per spodestare Vynagysi e sottomettere gli altri spiriti.
Uwlor e Licantropi: sebbene non ne conoscano né comprendano la natura, gli Uwlor percepiscono con forza la tensione del vero spirito dei Varulwer, il suo desiderio di liberarsi dalla costrizione dell'aspetto mortale. Tuttavia vi è una certa affinità tra le due razze, entrambe profondamente legate al mondo della natura e degli spiriti, e di certo una muta accettazione. Non sono affatto rare possibilità di alleanze e protezione reciproca.
Per meglio caratterizzare l'ambientazione e le singole razze/provenienze, quelli che seguono sono nomi tipici Uwlor (esempi di nomi da personaggi/png già esistenti e non solo) da cui prendere spunto per la creazione del proprio personaggio:
Nomi: Griss Bersi Groed Hakon Gunnulf Eirik Mogr Ludin Yrsa Fasolt Alette Oddleif Egil Rook Iver Onef Krumr Ekkill Dum Bryja
Cognomi: Hrìmthurs Tyron'Kvarn Therhud Rashkahan
Provenienza: Vetta del Cielo
Lingue di partenza: Esperico, Ruha
Colore dei capelli: rosso, castano, corvino, biondo
Colore degli occhi: azzurro, grigio, verde, marrone, nero - cangiante
Incarnato: olivastro, più chiaro se si abita verso la cima della montagna
Portamento: imponente, pesante, ma che può anche tendere verso una maggior delicatezza e agilità dei movimenti.
Carattere: tendenza ad essere piuttosto chiusi e diffidenti per quanto riguarda la propria vita e, soprattutto, le tradizioni nei confronti degli stranieri. Fedeli e schietti quando si conquista la loro amicizia.
"La lotta per l'autoaffermazione è inevitabile, perché ogni cosa tiene a sé stessa e nello stesso tempo si scontra continuamente con altre cose."
Storia ed evoluzione delle creature - di Anacleto Lescau, Università di Chestaria
ALLINEAMENTO: Caotico (Neutrale, buono, malvagio), Neutrale (puro, buono, malvagio)
ATTENZIONE: La razza dei Licantropi non è conosciuta dagli abitanti di Esperia, pertanto nessuno sa (fatta eccezione per i loro nemici atavici, i Vampiri, e per le Figlie della Luna) della loro natura e quali sono i loro poteri. Essi vivono sottocopertura, solitamente di circensi, nella società Esperica.
Chi ha già un personaggio Licantropo non può avere anche un doppio Vampiro per esigenze di gioco ed evitare metagame.
I Licantropi, un tempo semplici Mortali, sono individui particolari, uomini e bestia nello stesso tempo. La licantropia è, per alcuni, una malattia e una maledizione, mentre per altri, un mistero, un dono. Il folklore offre una vasta gamma di spiegazioni e leggende in merito, tuttavia, la verità è conosciuta solo da Dujor, licantropi stessi e una piccola minoranza di antichi vampiri: i Licantropi sono divenuti tali a causa di un incantesimo arcaico operato da una Dujor di alto rango che, corrotta dalle promesse dell'Ombra e poiché profondamente innamorata di uno di essi, disobbedì al credo delle sue Sorelle e fuse l'anima del suo amante mortale con quella di un lupo per salvargli la vita. La sua speranza, nata dai sussurri tentatori dell’Ombra, era di donargli un’esistenza ben più lunga e vigorosa.
Sono creature schive, abituate a vivere in gruppi piuttosto ampi e non stanziali, sfruttando la copertura di circensi per muoversi indisturbati per Esperia, evitando così di attirare attenzioni non volute.
Si dice che i Varulwer si trasformino solo con la luna piena, ma altre leggende parlano di creature in grado di mutare a piacimento, in qualsiasi momento dell’anno.
Anche in questo caso, la verità è una ma conosciuta solo dai Varulwer stessi e dalle Figlie della Luna: i giovani Licantropi controllano difficilmente la trasformazione e la luna piena scatena in loro il processo senza che possano opporvisi; i quelli più anziani ed esperti, invece, possono controllare il processo e riprodurlo a piacimento, controllandone i vari gradi di trasformazione.
Un’altra voce molto diffusa è che l’argento sia loro nemico, letale per il loro sangue, così come si vocifera che solo il fuoco possa scalfirli poichè la loro pelliccia è estremamente coriacea ma facilmente infiammabile.
Nel folklore mortale essi sono “le Bestie”, gli spauracchi zannuti utilizzati dalle massaie per spaventare i bambini quando fanno i capricci, immaginati come grossi lupi dagli occhi di brace capaci di sollevarsi sulle zampe posteriori. Numerosi predatori presenti su Esperia vengono identificati come “bestie nere”, dettaglio ambiguo che crea gravi problemi ai Corvi in fase di indagine, sintomo questo di una profonda confusione e ignoranza generale di fondo riguardo questa categoria di creature controverse e sconosciute, fondamentalmente.
L’anatomia dei Licantropi è un argomento complesso e sfaccettato, poiché essi si presentano in tre Forme in quella che è una vera e propria progressione dall’uomo al lupo fino ad una fusione tra le due.
In linea di massima, presentano una struttura fisica piuttosto muscolosa e tonica, dalle spalle ampie e l’ossatura robusta, seppur in alcuni casi possono presentare canini più affilati rispetto ad un comune Mortale. La loro temperatura corporea è piuttosto alta, infatti risultano spesso febbricitanti al tatto, soprattutto quando sono in fase di frenesia o di eccitazione.
Hanno i sensi molto sviluppati (Abilità di razza: Istinto animale): vedono molto bene in ambienti bui seppur necessitino almeno di una minima fonte di luce; inoltre hanno l'olfatto altamente sviluppato che permette loro di fiutare anche odori lasciati in un luogo da molto tempo e sono più sensibili a odori troppo pungenti e intensi che potrebbero disgustarli. Riescono a seguirne la pista, discriminandoli soprattutto se già conosciuti. Alle loro orecchie giungono suoni acuti e difficilmente udibili a un comune Mortale.
I Licantropi hanno la capacità di guarire molto più velocemente dalle ferite e dalle malattie rispetto ai Mortali, almeno cinque volte più lestamente. Possiedono maggior resistenza alla fatica e al dolore in forma Mortale, mentre dalla forma lupo in poi la sopportazione del dolore raddoppia. Nonostante i Licantropi siano ben più coriacei dei Mortali, non sono immuni alle ferite e alle malattie ed anche le armi convenzionali possono ucciderli se in grado di ferirli abbastanza gravemente. Un Varulwer, in TUTTE le sue forme, ha una naturale paura del fuoco che lo porta a tenersi a debita distanza dalle fiamme in qualunque loro forma. In forma umana, tuttavia, con un grande sforzo di volontà, un Licantropo potrebbe essere in grado di accendere un fuoco da campo o reggere una torcia, ma qualunque fiamma più imponente lo terrorizzerà. Lo stesso vale per le armi da fuoco, dalle quali un Varulwer si terrà a debita distanza.
Durante la trasformazione, se non prontamente tolti, gli abiti finiranno per lacerarsi, e se si indossano monili, c’è il rischio di perdere dita o finire strangolati se essi non vengono rimossi prontamente.
Un elemento riconoscibile è la loro impronta: lasciano cinque solchi di unghie (mentre nei canidi normali se ne riscontrano quattro).
Quando un Licantropo invecchia, la sua condizione fisica si mantiene vigorosa e dignitosa. Esso può incanutirsi, assumere sicuramente un aspetto maturo, con rughe presenti ma poco accentuate, e questo cambiamento si ravvede tanto in forma Mortale, quanto in forma Var e Lupus (in particolare nel colore del mantello), seppur il corpo non degeneri mai come nel normale stato di vecchiaia di un Mortale.
La durata media della loro vita è di 120 anni.
1°: Forma Mortale
Si presentano nè più, nè meno come semplici Mortali, con apparato osseo e muscolare leggermente più solido e resistente di questi ultimi ma anatomicamente identico, così come per gli organi interni e la capacità riproduttiva e d’accoppiamento.
Il loro peso varia dai 55 ai 180 kg e l’altezza da 1.30 m a 2.00 m. I loro colori variano a seconda del ceppo di provenienza seppur nei secoli vi sia stato un cospicuo rimescolamento tra individui Varulwer provenienti da svariati luoghi di Esperia che si sono poi riuniti in famiglie e clan molto chiusi e riservati, preferendo riprodursi, per la maggiore, tra parirazza. All’interno dei Clan la riproduzione con un Mortale è guardata con sospetto e timore, poiché incrementa il rischio di render nota l’esistenza di questa razza, soprattutto quando l’accoppiamento avviene tra una donna mortale ed un uomo Varulwer.
2°: Forma Lupus - il lupo
In forma Lupus, l'istinto prende il sopravvento sulla razionalità che, tuttavia, non scompare del tutto, e più il licantropo è anziano più riuscirà a controllare la trasformazione e i suoi effetti, sfruttandoli a suo vantaggio.
La velocità in questa forma risulterà un terzo superiore rispetto a quella di un lupo comune. Usata principalmente per seguire tracce e viaggiare, la muta da Mortale a Lupus ne riduce le dimensioni seppur esso appaia come un lupo decisamente più grande di una bestia normale. Le fauci e gli artigli si rimpiccioliscono notevolmente ma i canini inferiori e superiori si allungano, risultando affilati come lame. La forma Lupus corre circa al doppio della velocità umana ed ha sensi molto più sviluppati. Anatomicamente parlando, assomiglia ad un lupo in tutto e per tutto eccezion fatta per le zampe che presentano cinque artigli. L'esatto aspetto della forma può variare a seconda del clan, e il colore della pelliccia e degli occhi richiamano il colore naturale dell’incarnato, occhi e capelli della forma Mortale.
3°: Forma Var - l’Uomo-lupo (abilità di razza: Licantropia)
Nella Forma Var, il soggetto si risolleva dalle quattro zampe, incrementando ulteriormente la sua massa muscolare e ossea. Si presenta eretto su due zampe e aumenta notevolmente di peso del 100% rispetto alla forma lupo, ma non l'altezza da eretto, che aumenta solo del 50%. La testa assume una forma allungata, ibrida tra quella di lupo e quella Mortale, con fauci, zanne e artigli pienamente funzionanti. Le braccia si allungano esponenzialmente, ben oltre il ventre, la forza muscolare è amplificata e il Var può scegliere di muoversi sia a due che a quattro zampe, seppur sia più agile a quattro zampe. I sensi sono affinati anche se non quanto quelli della forma Lupus. Sono incapaci di distinguere, però, taluni colori. L’epidermide è apparentemente simile a quella Mortale con l’aggiunta di una fitta peluria, più resistente e spessa, su tutto il corpo, mentre le orecchie assumono la capacità di ruotare di 180°.
Un licantropo può parlare la lingua Blaidd perfettamente in forma Mortale e in forma Var. Riprodurre il linguaggio Mortale, invece, è possibile in forma Var ma esso è ridotto fino ad un massimo di una o due parole alla volta con connotati piuttosto gutturali, sintomo che la trasformazione sta mutando in maniera ben più profonda le capacità cognitive del licantropo. In forma Lupus un licantropo non sarà in grado di parlare alcuna lingua. Essendo in tutto e per tutto simili a dei lupi, la loro struttura anatomica non consente vocalizzazioni che non siano ululati, latrati o ringhi. Un licantropo, tuttavia, in forma Lupus potrà comunicare naturalmente con i lupi e altri Varulwer in qualsiasi forma attraverso il linguaggio del corpo e la gestualità ancestrale propria di questi animali.
I licantropi, generalmente, a causa della loro natura, sono individui più o meno schivi e riservati ma la variabilità caratteriale è spiccata.
A causa della presenza, dentro di loro, di un animo selvaggio e ancestrale in continuo conflitto con quello mortale, è possibile incontrare individui più gioviali a cui non dispiace la compagnia altrui ma che tendono ad infervorarsi ad ogni minima occasione, o altri estremamente chiusi e selvatici, con carattere aggressivo, veri e propri attaccabrighe. Addirittura alcuni possano dimostrarsi alquanto spietati e sanguinari, soprattutto quando si tratta di andare a caccia di altri essere senzienti o fronteggiare dei vampiri in quanto questi ultimi sono soliti catturarli per tenerli in schiavitù, la tortura più grande per un Licantropo. I Licantropi, soprattutto quelli più giovani, possono apparire preda delle loro emozioni che vengono vissute in maniera estremamente amplificata rispetto ad un comune Mortale, forti emozioni o situazione di intenso nervosismo potrebbero portare un Varulwer ad agire in maniera avventata o sconsiderata.
I licantropi hanno tuttavia una scala di valori radicata nella quale, in cima, vi è la difesa del loro territorio, del branco e della prole, la sopravvivenza della razza. Un Licantropo darà sempre valore assoluto alla sopravvivenza della razza, arrivando anche a eliminare i suoi stessi simili qualora questi possano costituire un pericolo per il Clan o per l’intera popolazione dei Licantropi.
Estremamente territoriali, quando un’area diventa loro territorio di caccia la difendono con ogni mezzo, instaurando un accurato sistema di sopravvivenza e organizzazione in famiglie e clan.
I Licantropi mantengono un basso profilo per la loro sopravvivenza e per quella della razza Varulwer. Su Esperia non si sa nulla della loro esistenza, anche perchè, se si sapesse, rischierebbero di venire cacciati e uccisi brutalmente per paura e ignoranza, e tutte le storie che circolano su di loro sono legate al folklore. Un Licantropo non andrà mai a rivelare la sua natura ad un Mortale, in special modo, se ciò non si riveli necessario o se la persona in questione non sia davvero fidata, anche in quest’ultimo caso un Licantropo potrebbe facilmente andare incontro alle ire del proprio Clan qualora dovesse decidere di rivelare la propria natura ad un Mortale. Sono soliti vivere in clan, che hanno la stessa valenza dei branchi animali. Spesso gli individui di un clan, per mischiarsi ai comuni Mortali, prediligono viaggiare sotto forma di carovane di nomadi o circhi itineranti alla ricerca di un contatto con le altre razze a causa della loro reminiscenza mortale o del sangue mortale che scorre loro nelle vene (nel caso in cui siano frutto di accoppiamento tra un licantropo e un mortale). Tra di loro si chiamano Compagnie che altri non sono che l’equivalente di Clan. E’ difficile vederli stanziati in qualche posto.
Essi hanno una vita molto più lunga rispetto a quella dei Mortali e raggiungono l'età adulta intorno ai diciotto anni. Quando si sentono prossimi alla loro morte, si ritirano nei boschi, girovagando in solitaria in forma animale e rifiutando contatti con il resto del mondo. Amano stazionare in prossimità di spazi verdi o comunque vicini a boschi o aree incontaminate, ove l’acqua è un elemento imprescindibile e dove possono vivere a contatto con la natura, seppur questo non escluda che possano insediarsi anche in città sotto copertura ma con estrema difficoltà a causa dell’esigenza, che si presenta più volte al mese, di trasformarsi (a meno che non siano in grado di controllare la trasformazione), per quanto un Licantropo possa tentare di vivere sotto copertura, non smetterà mai di sentire il richiamo della parte animale del suo animo né potrà ignorare a lungo il bisogno di ritirarsi nella natura e mai riuscirà a stanziarsi stabilmente in una città o in un borgo che non si trovi in corrispondenza di grandi spazi naturali.
Generalmente i Licantropi (in forma Mortale) sono onnivori come un normale mortale, seppur prediligano la carne al sangue o cruda, specialmente quella cacciata in prima persona.
Nelle altre forme essi si nutrono esclusivamente della carne delle prede catturate durante la caccia. In forma Lupus e Var sono in grado di cibarsi delle proprie prede, riuscendo ad accumulare nutrimento anche per più giorni. I licantropi che hanno il controllo della loro stessa natura, che optano per la convivenza pacifica con le altre razze o il desiderio di restare nascosti e isolati, preferiscono cibarsi di animali; tuttavia, se affamati e senza alternative, o se guidati puramente dall’istinto o di indole malvagia e caotica, non disdegnano la carne dei Mortali, assumendo in tutto e per tutto le sembianze di quei mostri sanguinari che i Mortali celebrano nelle loro storie di paura.
I Licantropi si trasformano quando è piena anche una sola luna di Esperia o quando lo sono entrambe. I più esperti di loro, invece, sono in grado di trasformarsi in qualsiasi momento a prescindere dalla presenza o meno della luna piena (abilità di razza: Trasformazione volontaria), sia di giorno, che di notte. In questo caso, l'unica discriminante è che, più la luna si prevede luminosa, più sarà facile e veloce compiere la trasformazione, mentre nel caso di luna nuova è molto più difficile concentrarsi per mutare. Nessun Licantropo, non importa quanto anziano e in grado di controllare la propria trasformazione sarà mai in grado di resistere al richiamo della Lune, se non per brevi periodi di tempo e con enorme sforzo da parte sua.
Durante la mattina e il pomeriggio di una giornata di luna piena, il Licantropo in forma Mortale sarà sovraeccitato, irascibile, col costante desiderio di muoversi e rimanere in attività e, se possibile, di correre libero nei boschi. Man mano che si avvicina la sera, queste sensazioni si fanno via via più pressanti fino a sfociare nella trasformazione.
Quando riassumono la forma umana, sono a volte storditi e senza memoria di quanto gli è accaduto (in special modo nei soggetti più giovani). D'istinto, tendono ad allontanarsi dai centri abitati e raggiungere spazi aperti e boschi, dove poter sfogare il proprio istinto e andare a caccia. Tenderanno a comportarsi in tutto e per tutto come animali, avendo solo l'istinto e la fame a guidarli, diventando territoriali e pronti ad attaccare chiunque costituisca una minaccia per loro e per il branco. In alcuni casi, sono in grado di riconoscere dall'odore persone a loro vicine, evitando così di far loro del male, tuttavia senza farsi avvicinare.
Nei soggetti più anziani vi è maggior consapevolezza e memoria dei giorni passati in forma Lupus.
La trasformazione è un evento traumatico ed estremamente doloroso: ogni osso, ogni muscolo, ogni organo si contorce, si distrugge e si ricrea, muta. La pelle si tende fino allo spasimo, si lacera rapidamente per permettere all’epidermide bestiale di venire alla luce, quest’ultima che a sua volta si indurisce e si ricopre via via di peluria. Denti e unghie si allungano, tagliando la carne non senza ingenti perdite di sangue: l’involucro mortale si squarcia e accascia al suolo con straziante dolore, rivelando la bestia celata sotto la pelle.
Nota bene: la natura di Licantropo non si trasmette con il morso. Un Licantropo può solo nascere tale perchè progenie di due Licantropi o di un Licantropo con un membro di un'altra razza compatibile sessualmente.
Vi è un’interessante similitudine tra Varulwer e Uwlor: uno stretto legame con il mondo degli Spiriti e con gli echi senzienti della natura. Forse a causa del modo in cui sono stati generati, ovvero attraverso l’infusione magica dello spirito di un lupo all’interno del corpo di un Mortale, essi si ritrovano ad avere una particolare sensibilità verso il mondo non-visibile che racchiude ciò che è insito in ogni oggetto, in ogni creatura vivente, negli elementi della natura e nei suoi prodigi, riuscendo a percepirne le auree e le sensazioni e i turbamenti (abilità di razza: Percezione spiritica).
Un Licantropo sarà naturalmente attratto da tutto ciò che sfugge alle leggi naturali del mondo, provando, al contempo, fascino e timore dinnanzi a queste manifestazioni in grado di fuggire le ferree leggi che regolano il mondo naturale.
Seppur i licantropi non vi facciano ricorso quanto gli Uwlor e non li venerino come vere e proprie divinità come questi ultimi, vi sono casi di Licantropi sciamani in grado di comunicare con gli spiriti per chiedere loro ausilio e consiglio, soprattutto se si tratta di licantropi dalla forte volontà.
I Varulwer possono accoppiarsi e riprodursi solo ed esclusivamente con Mortali e altri Licantropi e raramente vengono scelti dalle Figlie della Luna per accoppiarsi e procreare nuova prole. Spesso, hanno parti gemellari o plurigemellari, ma possono partorire anche un solo figlio. I parti, se avvenuti durante il plenilunio, quindi in forma animale, portano alla nascita di cuccioli di lupo che poi, a fine plenilunio, si trasformano in Mortali. La gestazione dura in tutto sei mesi. Sono chiaramente possibili accoppiamenti fertili anche in forma animale tra Licantropi.
Nelle coppie Licantropo-Mortale, però, non è detto che il figlio erediti il dono/maledizione.
Varulwer e Varulwer: vige una certa solidarietà tra individui della stessa razza. Tendono a proteggersi a vicenda, a spalleggiarsi, in special modo contro le altre razze e i pericoli che minacciano la loro stirpe. I membri dei clan tendono a fare gruppo e, molte volte, a comportarsi con una certa arroganza e riservatezza nei confronti degli altri clan. Il sentimento di unione e fratellanza dei membri all’interno di un clan, però, non ha eguali in altre razze, poiché hanno dovuto lottare per la propria libertà, conquistata più che duramente ma, soprattutto, fare i conti con la propria natura e la loro genesi. Tuttavia, la loro indole bestiale li porta a risolvere le proprie dispute in maniera spesso sanguinaria ed estrema, anche quelle più blande, e i conflitti tra licantropi possono essere persino più violenti di quanto si pensi. La gerarchia dei Licantropi è tanto ferrea quanto semplice: la forza fisica e la brutalità sono le uniche discriminanti prese in considerazione quando un Licantropo deve stabilire la propria superiorità rispetto ad un altro, ad esempio non si vedrà mai un Capo Clan che non sia in possesso di una forza invidiabile e prestanza invidiabili anche tra i Varulwer. Le faide tra clan sono all’ordine del giorno, faide che possono durare per generazioni e generazioni, tanto che i più giovani spesso non sanno nemmeno il motivo per cui sia nata l’ostilità col clan rivale. Solidarietà e competizione sono le parole d’ordine all’interno della razza Varulwer.
Varulwer e Mortali: tra le due razze intercorrono rapporti per lo più neutrali, a meno che il Licantropo in questione non li consideri carne da macello. Non è raro che possano nascere anche legami tra membri delle due razze, riuscendo a convivere pacificamente, salvo diverso temperamento dei soggetti da ambo le parti. In linea di massima, però, i Licantropi tendono a stare alla larga dai Mortali e dalla loro civiltà se non per sopravvivere nella società e guadagnarsi da vivere con gli spettacoli circensi delle Compagnie.
Varulwer e Redenti: per i Licantropi, o meglio per coloro che hanno avuto modo di sentir parlare dei Redenti e che di conseguenza credono nella loro esistenza, costoro sono visti come un prodigio, come qualcosa di sconosciuto e dal grande potenziale. Provano verso di loro estrema curiosità, interesse, ma nello stesso tempo, sono ritrosi ad averci a che fare, proprio perché non ne conoscono la reale natura. Non è raro, però, che si arrivi allo scontro tra le due razze soprattutto se il Licantropo in questione è un sanguinario che mina la sicurezza dei Mortali, così come non è strano che le due razze possano cooperare e difendersi a vicenda.
Varulwer e Maledetti: in un certo senso, molti Licantropi considerano la loro natura ibrida come una maledizione, qualcosa che li costringe a stare isolati, ad essere temuti e respinti, in special modo dal mondo mortale. Dunque l’incontro con una creatura maledetta, che sia un “mannaro” (un maledetto in grado di trasformarsi in animale) o un qualsivoglia essere affetto da maledizione, li lascia indifferenti oppure li spinge a provare una certa empatia verso costoro, provando anche un naturale fascino e curiosità verso queste creature che trascendono le leggi naturali, purchè non minaccino il clan e la loro sopravvivenza.
Varulwer e Costrutti alchemici: L’ibridazione dell’uomo con la macchina può suscitare un ventaglio di reazione diverse in un Licantropo: curiosità, interesse, stupore, ma più facilmente questa contaminazione artificiale della natura li spinge a provare diffidenza se non addirittura disgusto. La frangia di Licantropi che ha accettato la propria natura ma condannato la propria genesi considera i Costrutti un’anomalia, ovvero individui nati da una scelta utilitaristica o egoistica volta a potenziare la natura Mortale in maniera innaturale. Tuttavia, i Licantropi soddisfatti della propria esistenza e che apprezzano a pieno il proprio lato selvaggio e ibrido non li condannano affatto.
Varulwer e Vampiri: tra le due razze vi è un odio innato e ancestrale. Mai si vedrà un licantropo allearsi o stringere amicizie con un vampiro. Gli Undode sono la loro nemesi e la vicinanza con i suddetti porterà i Licantropi in un certo stato di nervosismo, quasi come se potessero fisicamente annusare l’oscurità insita dentro di loro, la loro brama di sangue e il caos che li domina. Il loro rapporto conflittuale, tuttavia, ha le sue origini nella storia, nel tentativo degli Undode di renderli schiavi. Nessun Licantropo, che non sia costretto da un rapporto di schiavitù o dominazione, collaborerà mai con un Undode né stringerà alcun rapporto con essi anche se dovesse procurare mutuo vantaggio. L’odio che i Licantropi provano verso i Vampiri è una fiamma che arde in eterno.
Varulwer e Du-jor: vi è un rapporto di odio-amore nei confronti delle Dujor. Nati dall’inganno dell’Ombra, ma in primis dal potere delle Dujor, alcuni di loro vedono la propria natura come un dono, altri come una maledizione, di cui accusano le Figlie della Luna in prima battuta. Nonostante la buona fede e l’ingenuità con cui fu creato il primo Licantropo, molti di loro, attualmente, non riescono a non accusare costoro di aver dato vita ad un vero e proprio morbo capace di distruggere, per sempre, la vita di un Mortale. Altri Licantropi, invece, le considerano madri, sorelle, quasi delle divinità dispensatrici di forza e della sacrosanta possibilità di comunicare appieno col mondo della natura.
Varulwer e Giganti: i contatti sono ridotti al minimo, vista la naturale tendenza dei Giganti di vivere appartati, elemento che hanno in comune con gli stessi Licantropi. Tuttavia, la vicinanza di entrambe le razze col mondo degli Spiriti, l’empatia con l’ambiente circostante e il rispetto delle leggi della natura, anche delle più brutali, li rende particolarmente simili. Non sono rare alleanze e simpatie, tra queste due razze, così come non sono impossibili rivalità e conflitti.
Indifferentemente nomi nimaidiani o tarnhamiti in base alle origini e provenienza del personaggio (vedi indicazioni sui nomi e i cognomi nei Regolamenti o nelle varie Razze).
Provenienza: Regno di Nimaida, Dominio di Tarnham, Yerh’atoll, Duen Skell
Lingue di partenza: Esperico, Blaidd, Logos Aurea/Norron
Colore dei capelli: variabile, a seconda dei ceppi di provenienza dei genitori
Colore degli occhi: variabile, a seconda dei ceppi di provenienza dei genitori
Incarnato/mantello: il colore della pelle e della peluria in forma Mortale influisce sul colore del mantello e degli occhi
Sagoma e portamento: in forma Mortale, grazie al sangue che scorre loro nelle vene e al potere delle Du-jor, hanno un fisico resistente e slanciato; solitamente alti e atletici ma non mancano casi di individui più bassi ma non meno prestanti
Carattere: variabile, ma l’indole selvaggia provoca loro frequenti eccessi d’ira e nervosismo, per non parlare dell’orgoglio, nota dolente del loro carattere.
“Quello che vedete inciso sul vostro corpo è il simbolo del sacrificio, la vostra ultima goccia di sangue, l'ultimo gemito che esalerete diventerà nostro e voi sarete il cibo che nutrirà i nuovi figli delle tenebre.”
Anonimo
ALLINEAMENTO: Legale malvagio, Neutrale (puro, malvagio), Caotico malvagio (eccezioni da bg concesse, sempre nel rispetto della coerenza e della storia personale legata a quella di Esperia)
N.B. Un giocatore sarà in grado di crearsi un personaggio Vampiro, solo nel terzo slot, SE' E SOLO SE' avrà raggiunto i 3000 punti esperienza (compresi i punti acquisiti alla creazione del personaggio) con il primo personaggio o il secondo personaggio dell'account. Qualora il giocatore possedesse un personaggio Mortale e volesse trasformarlo, in game, nella razza del Vampiro, potrà fare richiesta di una quest ad hoc che lo trasformi al raggiungimento dei 3000 punti esperienza. Chi ha già un personaggio Vampiro non può avere anche un doppio Licantropo e Redento per esigenze di gioco ed evitare metagame. Si prega di leggere adeguatamente il background di Razza e l'ambientazione della land prima di crearsi un personaggio Vampiro essendo la Razza con difficoltà di gioco maggiore.
ATTENZIONE: La razza dei Vampiri non è conosciuta dagli abitanti di Esperia, pertanto nessuno sa (fatta eccezione per i loro nemici atavici, i Licantropi e i Redenti) della loro natura e quali sono i loro poteri. Essi vivono nell'ombra e sottocopertura nella società Esperica.
I Vampiri sono creature della notte, Mortali che hanno ricevuto il bacio oscuro dai Vampiri primordiali, i cosiddetti Ancestrali, o dai loro discendenti, e ne hanno bevuto il sangue. Gli Ancestrali rappresentano i primi Vampiri creati dall’Ombra, l’entità oscura che ha dato origine ad una vera e propria razza di creature non-morte.
A riguardo, vi sono leggende in ogni parte del mondo, alcune più o meno fantasiose, seppur la maggior parte pare essere concorde che il loro luogo d’origine sia oltre la Foresta di Egion, nel sud del continente, in una terra dimenticata, desertica e aspra, dove si dice sia avvenuta la Scissione del Redentore e quindi la genesi dell’Ombra.
Tutti i Vampiri, su Esperia, fanno parte delle Stirpi di Sangue. Esse rappresentano la linea di sangue da cui provengono i Vampiri che ne fanno parte, o meglio l’Ancestrale che ha dato origine al casato. Attualmente sono tre le Stirpi di Sangue conosciute che, insieme, formano il Patto Cremisi ovvero l’organizzazione sociale e politica della razza Undode. Benché nominalmente il Patto Cremisi vincoli tutte e tre le Stirpi di Sangue in una sorta di alleanza, non è raro vedere i casati in lotta tra di loro, ognuno guidato da modi di fare ed obiettivi specifici. Le tre Stirpi di Sangue sono:
- la Corte della Notte, che consta dei Vampiri più raffinati nonché più dediti agli intrighi. Si tratta di Vampiri amanti del bello e del lusso, interessati soprattutto ad infiltrarsi nella vita politica di Esperia e usare i propri mezzi per acquisire sempre più potere. Sono quelli che, più degli altri, sono rimasti ancorati ai piaceri umani e ricercano costantemente quelle stesse sensazioni provate in vita.
- la Rosa Scarlatta, il casato più zelante e fanatico, che ruota completamente intorno al Culto dell’Ombra. I Vampiri di questa Stirpe seguono le regole dei Vampiri, il Codex Incubus, in tutto e per tutto e lavorano per accrescere le fila degli adoratori dell’Ombra così che, quando essa tornerà, avrà un esercito di fedeli a sua disposizione. La struttura della Rosa Scarlatta è fortemente gerarchica di tipo ecclesiastico.
- il Sodalizio del Sangue, il casato che ha come unico limite la sua mancanza di limiti e regole, dove vige la legge del più forte. Esso, infatti, non segue il Codex in quanto lo considera datato e anacronistico. Gli appartenenti a questa Stirpe sono spregiudicati, poco attenti alla riservatezza tanto da guadagnarsi il biasimo degli altri due casati. Uccidono in maniera talvolta teatrale e amano soggiogare i Mortali e le creature di Esperia per renderle schiave e funzionali ai loro obiettivi.
I Vampiri fondano la loro esistenza sul Culto del Piacere, una ricerca spasmodica, attraverso esperienze forti, di quelle sensazioni e sentimenti che essi provavano da Mortali. Ogni Stirpe di Sangue vive questa continua ricerca in maniera differente.
D'aspetto antropomorfo, all’apparenza profondamente simili ai Mortali, sono di sesso maschile o femminile e mantengono le fattezze mortali, seppur il colorito della loro pelle sia piuttosto pallido, dandogli a volte una sorta di apparenza malaticcia o piuttosto delicata, come coloro che non amano esporsi al sole per mantenere la pelle bianca e levigata. Per ovviare a questo, fanno ricorso alle maschere e al trucco, così da nascondere anche le occhiaie nere che cerchiano i loro occhi, presenti soprattutto quando sono a digiuno di sangue da molto tempo. Infatti, quando si nutrono, assumono istantaneamente una colorazione di pelle più naturale e rosea. Al tatto, la loro pelle appare fredda e la corporatura non è mai troppo robusta, seppur questo non vuol dire siano deboli e fragili, anzi. Non invecchiano mai, sono sospesi per l'eternità nell'età in cui sono stati morsi, uccisi e, dunque, trasformati in non-morti. I capelli possono essere di qualsiasi tonalità naturale, quella d’origine di quando erano Mortali, seppur molti amino colorarli con tinture, per vezzo, soprattutto. La lunghezza dei capelli rimane la stessa di quando sono morti e, se tagliati, ricrescono, tornando all’aspetto iniziale. Gli occhi sono del colore originario del Mortale d’un tempo, seppur assumano sfumature sanguigne quando ingollano sangue o ne vengono attratti e diventano scuri e spenti, invece, quando non si nutrono da molto tempo. A contatto con la luce, producono un effetto a specchio (ad esempio quello provocato dal Tapetum lucidum dei gatti), per tale motivo vVedono perfettamente al buio. Detestano la luce solare diretta, poiché brucia loro la pelle: è forse una delle armi più forti della natura contro i Vampiri. Presentano canini retrattili, che si allungano durante la nutrizione e, una volta terminato il pasto, sono in grado di riassorbirsi nelle gengive fino a lunghezza naturale. Nella forma normale, appaiono solo leggermente più lunghi e appuntiti di quelli dei Mortali. Sono rapidi negli spostamenti e possono compiere balzi considerevoli. Non hanno bisogno di respirare e il loro cuore non batte, poiché tutti gli organi interni sono atrofizzati. Sono in grado di autorigenerarsi qualora feriti o mutilati, cadendo in una sorta di sonno simile alla morte. Non possono far ricorso alla magia taumaturgica o a pozioni guaritrici, e hanno un ramo magico peculiare, una magia oscura che loro chiamano Magia dell’Incubo o Incubus che ha come principale ingrediente il sangue da evocare sulle vittime o su sè stessi affinchè abbia effetto. Essendo dei morti viventi, su di loro non hanno effetto droghe e veleni di nessun genere, tranne l'argento che ha su di loro un effetto deleterio e può portare alla vera morte se feriti con esso.
Il loro carattere, in special modo quello che mostrano in pubblico, è influenzato molto da ciò che furono da Mortali, seppur al primo posto dei loro interessi resti il richiamo del sangue o l’istinto di uccidere. Più il vampiro è anziano ed esperto, più è in grado di controllare la sua sete e, quindi, è maggiormente in grado di adattarsi a vivere tra i Mortali. Sono tuttavia creature egoiste, fredde e calcolatrici, che utilizzano il proprio charme per i propri scopi, facendo ampio ricorso al sesso e alla ricchezza per attirare le vittime o dominare all’interno della società Mortale. Di solito privi di morale e sentimenti, anche solo per capriccio, possono compiere gli atti peggiori. Sono generalmente figure misteriose e sensuali, particolarmente abili nel tessere inganni e manipolare il prossimo.
La non-vita dei Vampiri si sviluppa intorno al Culto del Piacere, uno stile di vita più che una dottrina, che si fonda sulla ricerca delle sensazioni ed emozioni provate in vita e che, al momento di diventare Vampiri, sono andate progressivamente perdute. Più essi “invecchiano”, più dimenticano ciò che provavano da umani e ciò li turba profondamente. Benchè il Culto del Piacere sia diverso per ogni Stirpe ma anche per ogni Vampiro, c’è un elemento in comune per tutti: cercare, attraverso forti esperienze, di riempire una voragine venutasi a creare con la non-vita.
In generale, però, i Vampiri si infiltrano nelle società di Esperia per raggiungere vette di potere e notorietà che possano assicurare loro un grande predominio sulle masse e perpetrare, al meglio, i loro obiettivi in vece dell’Ombra. Solitamente amanti di feste, arte, perversioni di ogni tipo, non possono che trovarsi a proprio agio in ambienti mondani, che siano le Corti splendenti di Nimaida o le rocche isolate di Tarnham, seppur debbano stare molto attenti alla vasta presenza di Mortali e cacciatori di ogni tipo.
Il cibo dei Mortali provoca loro forti nausee, soprattutto all’inizio. Il loro solo alimento è il sangue, in special modo quello Mortale, che devono assumere costantemente entro un limite di giorni prima di iniziare a sentirsi deboli. In casi d'emergenza, possono bere sangue animale, seppur sia meno nutriente per loro. Partecipare ai banchetti dei Mortali è come una caccia: sono i momenti ideali per nutrirsi ed espandere la propria influenza ma sono anche occasioni pericolose che mettono a rischio la loro copertura.
I vampiri possono vantare una non-vita immortale, che li mantiene fermi in una sorta di limbo, imprigionati in un corpo che non invecchia mai. Possono vivere in solitudine, solitamente in vecchie ville o tenute di campagna, oppure mischiarsi ai comuni Mortali, approfittando delle ore della notte per andare a caccia di vittime. Solitamente preferiscono scegliere come prede Mortali dei bassifondi, così da creare meno sospetti possibili seppur, tuttavia, ci sia chi, più raffinato, decida di corteggiare la propria vittima così che sia essa a consegnarsi di sua sponte. Ciò li diverte e li eccita, almeno ad una gran parte di essi. I vampiri sono portati alla teatralità quasi estrema, amano frequentare cripte e cimiteri, dove la morte è di casa, ma solo quelli più poveri e con poche disponibilità ne fanno la loro dimora. Solo se strettamente necessario, escono di giorno, ma ben coperti e protetti vista la naturale avversione per il sole e la luce diretta.
Una nota da fare è sul rapporto tra Undode e sesso.
È per loro un’arma e un elemento di svago che, spesso e volentieri, sfocia in grandi orge di sangue. Non è raro che gli Undode più benestanti organizzino vere e proprie feste finalizzate a ciò, soggiogando Mortali per far dimenticare loro tutto alla fine o per trasformarli in altri Undode. Non provano piacere nella penetrazione, perché i loro organi, seppur apparentemente funzionanti quando il sangue circola nel loro corpo, scaldandolo debolmente, non hanno funzioni vere e proprie. Ma il contatto con il corpo caldo dei Mortali e il nutrirsi del loro sangue, nonché mordersi a vicenda con i propri parirazza, provoca loro forti orgasmi e li fa provare anche alle vittime...qualora sopravvivano abbastanza.
Il loro stile di vita è diverso in base all’appartenenza ad una determinata Stirpe di Sangue. Benché ogni Vampiro rappresenti un mondo a sè, si possono delineare tre profili differenti:
- Corte della Notte: i Vampiri appartenenti a questo Casato sono creature particolarmente amanti del bello e del lusso, in genere mecenati, appassionati d’arte e cultura, forse per via dell'eternità a loro disposizione, in cui poter sviluppare le loro passioni o talenti a piacimento. Spesso vivono in dimore sfarzose sotto gli occhi dei Mortali, tra i quali si mescolano con maestria. Scelgono accuratamente le pedine dei loro giochi politici che diventano i loro occhi e le loro orecchie: acquisire informazioni di qualsiasi tipo è il primo passo per tessere intrighi ad ogni scala e in ogni luogo. Per loro, infatti, ciò che importa è il gioco in sé. Vedono le società di Esperia come una grande scacchiera sulla quale muovere i pezzi per puro diletto e soddisfacimento. In un gioco si vince e si perde ma a loro non interessa vincere o perdere, a loro interessa il gioco in sé senza particolari scopi se non quelli legati all’acquisizione di ricchezza e influenza, una società in cui Mortali e Vampiri convivano in un continuo scambio di ruoli, ora cacciatori, ora prede.
- Rosa Scarlatta: essi si trovano ad operare su due fronti. Il primo è riuscire a creare un’unità di fede tra i Vampiri, riuscire a convincere i membri delle altre due Stirpi ad abbracciare il Culto del Piacere fortemente incentrato sulla natura divina dell’Ombra; il secondo è cercare di convertire più Mortali possibile così che diffondano il Culto del Piacere nella società mortale. Benchè considerino i Mortali inferiori, nonostante ciò essi possono servire l’Ombra ed accrescerne i poteri, siano essi nutrimento o schiavi e spie. L’obiettivo della Rosa Scarlatta è quello di creare una società di adoratori dell’Ombra in cui gli esseri umani hanno la possibilità di vivere la propria vita ma essere funzionali ed al completo servizio di una élite vampirica. I Vampiri di questa Stirpe perseguono il loro obiettivo seguendo pedissequamente il Codex Incubus.
- Sodalizio del Sangue: si tratta del casato più brutale, composto da Vampiri che non seguono nient’altro se non i propri istinti. E’ una società ferale che si basa sulla violenza, sul soggiogamento delle creature inferiori, che siano esse Mortali, vampiri più deboli o bestie. Il passaggio di questi Undode è spesso accompagnato da stragi, fiumi di sangue, violenze di ogni genere. Tendono a perfezionarsi nell’arte del combattimento, della magia, ma non importa quale sia la disciplina che prediligono, l’importante è essere più forti degli altri. Spesso si muovono “in branco”, dimostrando una certa tatticità marziale, ed il loro passatempo preferito è cacciare e catturare creature da addestrare ed utilizzare come cavalcature o schiavi.
La società vampirica si basa sullo schiavismo. Gli schiavi possono essere più o meno consapevoli della loro condizione, ma quello che è certo è che ogni Stirpe ha il suo modo di schiavizzare i malcapitati: la Corte della Notte promette ricchezze e vita eterna in cambio di fedeltà assoluta, la Rosa Scarlatta accresce le sue fila attraverso la religione oscura, il timore reverenziale e, infine, il Sodalizio del Sangue soggioga con la violenza e la costrizione.
I Vampiri, essendo non-morti, hanno perso ogni capacità riproduttiva: sono sterili. I loro organi riproduttivi sono come quelli dei Mortali ma atrofizzati, seppur quando ingeriscano sangue questi tornino apparentemente turgidi. L'unico modo per “riprodursi” è creare un nuovo vampiro attraverso il cosiddetto Rituale del sangue.
Le modalità per dar vita ad un nuovo Vampiro sono le seguenti: l’Undode morde la vittima, iniettandovi così il proprio potere misterioso ed oscuro che ha origine nei canini retrattili; dunque fa bere al prescelto il proprio sangue con avidità prima di dissanguarlo lentamente, togliendogli, così, la vita. A distanza di un’ora, periodo in cui la vittima sembrerà un semplice corpo morto ed esangue, essa si risveglierà da Vampiro e dovrà nutrirsi per la prima volta per portare a termine la transizione. Al risveglio, vi è come un istinto innato in loro che li spinge a bere sangue di una creatura viva e ad evitare la luce diretta. Infatti, non vale nutrirsi del proprio creatore: è necessario che beva sangue fresco e vivo. La fase che segue il risveglio è tormentata e molto dolorosa per il neo-vampiro poichè gli crescono i canini mentre i tessuti e le vene perdono tutto il turgore, raffreddandosi e comprimendosi e gli organi, dal canto loro, si rinsecchiscono. Anche nel momento in cui bevono il primo sangue la trasformazione prosegue fino a quando il corpo non si sarà adattato completamente al rigor mortis, apparendo esteriormente come un involucro di gelida porcellana, dal candore alabastrino e la pelle perfetta e levigata. Controllare la Fame, però, non è semplice: ci vogliono anni e anni per apprendere i segreti dell’autocontrollo, tant’è che i creatori o comunque quelli più anziani hanno tutti i motivi per impegnarsi ad insegnare ai giovani Vampiri a controllarsi per evitare che questi attirino sulla loro razza attenzioni non richieste.
Per maggior informazioni sul Morso e sulla Vampirizzazione, consultare, all'interno del gioco, l'articolo Vampiri: morso e vampirizzazione in Servizi > Dinamiche di gioco.
Undode e Undode: Difficile descrivere un rapporto tipo tra vampiro e vampiro: tutto dipende molto dal contesto in cui agiscono. Tuttavia, in linea di massima, qualora due vampiri convivano in uno stesso territorio, tendono a crearsi rapporti di predazione e predominanza, taciti accordi o veri e propri scontri sanguinari per marcare il territorio. Alcuni di loro decidono di unirsi per superare più facilmente l’eternità e non è raro che si creino vere e proprie famiglie all’interno dei Casate originari, le Stirpi di Sangue, in cui, tuttavia, vi è sempre una certa gerarchizzazione e sudditanza con i vampiri più antichi a capo. In generale, ogni Stirpe agisce per proprio interesse. Ufficialmente, tutte le Stirpi sono in equilibrio tra di loro, non vi sono rivalità accese alla luce del sole o, per meglio dire, alla luce delle lunedella luna. Tuttavia, esistono rivalità occulte e scontri tra i membri dei vari Casati per ottenere il predominio su una determinata risorsa, che sia un Mortale particolarmente influente, un artefatto o l’influenza in un certo ambiente. Non è neanche strano che due Stirpi decidano di allearsi momentaneamente contro la terza benché, una volta raggiunto l’obiettivo, ognuno vada per la propria strada. In generale, le Stirpi cercano di accordarsi per fronteggiare un pericolo comune, giudicare vampiri colpevoli secondo il Codex Incubus, o ancora discutere sui modi più adeguati per assicurare la sopravvivenza della razza Undode e ciò avviene soprattutto in occasione della Danza Macabra, un grande concilio che vede la partecipazione di tutti i Vampiri. Benché durante l’evento ogni rivalità e conflitto vengano dimenticati, nulla vieta loro di continuare a tessere intrighi e alleanze tanto occulte quanto momentanee.
Undode e Mortali: essi costituiscono la fonte di cibo primaria e, in genere, i Vampiri amano mischiarsi a loro per il semplice fatto che, così facendo, possono “giocare” e circuire la propria vittima, scegliendola nella moltitudine di prede. In rari casi, vi sono state delle alleanze tra Vampiri e Mortali basate su patti sanciti sul sangue, di solito tra Vampiri e Mortali soggiogati o tra Vampiri e Mortali con valori e obiettivi condivisi. I Mortali di Esperia non sanno dell'esistenza dei Vampiri in quanto razza, ma chi di loro si trova a incrociarne la strada impara a conoscere la paura e l'orrore ma anche il fascino senza, tuttavia, conoscere la vera natura di costoro. Chi finisce nella loro non-vita potrebbe decidere, volontariamente, di servirli per poter acquisire i loro benefici o, semplicemente, perché affascinato dall’eternità che i Vampiri hanno a disposizione. Gli Undode, però, li considerano generalmente delle prede, degli ipotetici schiavi, un popolo da governare, seppur ne apprezzino di alcuni la prestanza e la versatilità.
Undode e Redenti: I Vampiri perseguono gli scopi dell’Ombra e la tendenza a creare il caos, dunque trovano nei Redenti la loro perfetta nemesi, dando vita a battaglie e scontri che possono durare a oltranza. In particolare, i membri della Corte della Notte li evitano poiché incorruttibili e quindi impossibili da utilizzare per i loro scopi; i vampiri della Rosa Scarlatta li vedono come nemici naturali in quanto rappresentazione vivente del volere del Redentore; gli Undode del Sodalizio del Sangue sono forse gli unici che li considerano semplicemente come una sfida, un degno avversario da affrontare e sconfiggere. Tra i Vampiri il sangue dei Redenti è un nutrimento alquanto ricercato capace, secondo le leggende, di conferire loro poteri inimmaginabili. Entrambe le Razze, in ogni caso, vivono di un continuo gioco a nascondersi tra di loro e al resto di Esperia, ma nello stesso tempo, Vampiri e Redenti si cercano solo quando sono sicuri di poter colpire e annientare la rispettiva controparte.
Undode e Maledetti: E’ molto comune che i Maledetti si lascino circuire dai Vampiri e diventino loro schiavi o guardie del corpo (seppur tutto dipenda anche dal tipo di maledizione cui sono affetti), forse nella speranza di essere aiutati ad infrangere la maledizione o vendicarsi su chi l’ha lanciata, qualora un Vampiro decida di svelare la propria natura per scopi reconditi. Le Stirpi accolgono quasi sempre i Maledetti tra le loro fila e anzi, ne ricercano fortemente la compagnia per i loro scopi. Infatti i Vampiri li vedono quasi come creature esotiche, bizzarre, da sfruttare.
Undode e Costrutti alchemici: Così come per i Maledetti, i Costrutti alchemici sono un piatto ricco per i vampiri soprattutto quando le loro modificazioni corporali che li rendono guerrieri temibili in grado di accrescere, eventualmente, l’esercito di creature della notte. I Vampiri li ricercano, ne bramano le capacità fuori dal normale, ma non è affatto detto che da parte del Costrutto vi sia la stessa volontà di unirsi a loro: tutto dipende molto dallo scopo e dal carattere del Costrutto che altri non è che un Mortale dalle capacità particolari, con punti di forza e punti di debolezza.
Undode e Figlie della Luna: Le incorruttibili Figlie della Luna sono forse uno dei nemici più pericolosi dei Vampiri. Solo pochissime tra di loro sanno dell’esistenza dei Vampiri, soprattutto Dujor di alto rango della Sorellanza, e costoro, conoscendone la natura e gli scopi, cercano di impedire la loro espansione a discapito dei Mortali e l’avanzare dell’Ombra e delle sue macchinazioni. Non possono nascere legami di amicizia, è escluso, anche se vi sono state delle eccezioni nella storia benché questi casi si possano contare sul palmo di una mano. Pochissime Dujor
Undode e Licantropi: assieme ai Redenti, sono la nemesi degli Undode, da combattere, respingere, mettere in cattiva luce. Questo odio atavico è da ricercare nella genesi dei Licantropi e nel modo in cui i Vampiri tentarono di soggiogare la neonata razza. Sono due opposti schieramenti che si frappongono da secoli ed è impossibile qualsiasi rapporto d'amicizia o alleanza. Anche i Vampiri riconoscono la loro natura osservando, grazie alle loro capacità, il flusso sanguigno di questi ultimi che, a loro volta, percepiscono i Vampiri con il loro olfatto sviluppato. I Licantropi vanno a caccia dei Vampiri con le loro doti sovrannaturali per ucciderli, mentre i Vampiri tendono a fare di queste creature forza lavoro, gli schiavi prediletti per la loro forza e resistenza.
Undode e Uwlor: non amano immischiarsi negli affari dei Giganti e, anzi, hanno ben poche conoscenze su questi ultimi alla luce della loro proverbiale riservatezza e irreperibilità. I Giganti, dal canto loro, non sanno della loro esistenza, seppur possano, i più sensibili di loro, percepirne l’innaturalità considerata la mancanza di un vero e proprio spirito, l’assenza di un’anima, ma li considerano quasi al pari dei Mortali: qualora cercassero di infiltrarsi a Vetta del Cielo o minassero l’equilibrio degli Uwlor, questi non ci penserebbero due volte a respingerli e combatterli strenuamente.
Indifferentemente nomi nimaidiani o tarnhamiti in base alle origini e provenienza del personaggio (vedi indicazioni sui nomi e i cognomi nei Regolamenti o nelle varie Razze).
Provenienza: Regno di Nimaida, Dominio di Tarnham, Duen Skell, Yerh’atoll
Lingue di partenza: Esperico, Gwaed, Logos Aurea/Norron
Colore dei capelli: variabile in base all’origine Mortale. Rossi, biondi (miele, cenere e platino), corvini, castani, bianchi
Colore degli occhi: variabile in base all’origine Mortale. Azzurri, verdi, castani, ramati, ambrati, grigi, con sfumature sanguigne nella fase del nutrimento, di un colore spento e opaco quando sono affamati
Incarnato: molto pallido, più roseo e luminoso quando si nutrono
Sagoma e portamento: dipende dall’origine mortale e da quanto sangue circola nel loro corpo, che li rende più resistenti, forti e scattanti
Carattere: variabile a seconda di come gestiscono la loro natura Undode. Generalmente edonisti, scaltri e subdoli, acuti osservatori